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I 5 migliori film di Brian De Palma

Autore raffinatissimo dal tocco inconfondibile, Brian De Palma ha saputo scrivere pagine indimenticabili all’interno della storia del cinema attraverso una sensuale poetica che, ancora oggi, costituisce l’inarrivabile modello di riferimento per numerosissimi registi contemporanei. Voyeurismo, psicanalisi, ambiguità sessuale, erotismo e morbosità sono solo alcuni dei temi cari a De Palma, maestro indiscusso nel fare del virtuosismo registico una vera e propria forma d’arte.

Nel giorno del suo ottantesimo compleanno, ecco la nostra classifica dei suoi 5 migliori film!

5) The Untouchables – Gli intoccabili (1987)

Brian De Palma mette da parte gli omaggi ad Alfred Hitchcock per confezionare un gangster movie di puro intrattenimento dalle cadenze western, che strizza l’occhio al grande pubblico e omaggia il cinema classico di ampio respiro. Strepitoso esempio di cinema formalmente impeccabile ma refrattario a qualsiasi freddezza, capace al contrario di emozionare e rimanere scolpito nella memoria dello spettatore grazie a una regia funzionale (anche nei suoi virtuosismi) e a una storia appassionante perfettamente orchestrata. Sceneggiatura calibrata al millimetro di David Mamet, fotografia di Stephen H. Burum ed esaltante colonna sonora di Ennio Morricone.

4) Redacted (2007)

Accantonata temporaneamente ogni forma di fascinazione hitchcockiana, Brian De Palma vira verso una storia di stupro e violenza ai tempi della guerra. I campi di battaglia non sono più quelli vietnamiti di Vittime di guerra (1989), ma quelli dell’Iraq del nuovo millennio: è un duro atto di denuncia nei confronti degli Stati Uniti questo piccolo grande film, un’opera ferocemente autocritica, pronta a non fare sconti a nessuno, soprattutto quando la complicità sta nell’occhio di chi guarda. Non colpisce soltanto per i contenuti, ma anche e soprattutto per un vigore formale che riflette sul senso dell’immagine in epoca contemporanea, sulla necessità di filmare e archiviare ogni nostra azione, sui mezzi d’informazione e sulla condivisione in rete. Non a caso la narrazione procede in maniera decisamente insolita, riducendo al minimo i momenti di oggettività cinematografica, mostrando l’evoluzione degli eventi attraverso le immagini riprese da vari dispositivi: circuiti di sicurezza, videocamere amatoriale, filmati postati sul web. In questo modo il regista (qui anche sceneggiatore) pone l’accento sul cortocircuito visivo dell’epoca contemporanea in cui il carattere voyeuristico di osservazione della realtà viene accentuato, rivelando le contraddizioni e la ferocia dell’animo umano. Terrificante e lucidissimo, un film che non si dimentica facilmente.

3) Femme Fatale (2002)

Il più compiuto e complesso dei tentativi di Brian De Palma di ricreare lo spirito dei thriller hitchcockiani. Il manierismo (innegabile) non rimane una cifra stilistica autoreferenziale ma si mescola con saggezza all’autocompiacimento, unendo il rigore formale all’impressionante capacità di sviluppare una storia di taglio moderno. A partire dal saffico incipit, che prende avvio da una première a Cannes, si comprendono subito le precise e morbose intenzioni di De Palma: il regista gioca con il corpo della protagonista Rebecca Romjin-Stamos (perfetta) e la pone al centro di un sofisticato meccanismo di fascinazione e sotteso erotismo. Conturbante, spiazzante, frenetico, incredibilmente inventivo e irresistibile per la sua forza visiva: strepitoso l’uso dello split screen, tecnica in cui De Palma si conferma maestro assoluto, ma i virtuosistici e avvolgenti movimenti di macchina sono altrettanto memorabili. Splendida la colonna sonora di Ryūichi Sakamoto.

2) Le due sorelle (1973)

Primo thriller di Brian De Palma e primo esplicito omaggio al cinema di Alfred Hitchcock che, a partire dalla colonna sonora (curata da Bernard Herrmann, fedele collaboratore del Maestro del brivido), viene più volte ricordato con soluzioni visive accattivanti e scelte stilistiche mai gratuite (la “voce acusmatica” di Psyco del 1960, il voyeurismo de La finestra sul cortile del 1954, il tema del doppio de La donna che visse due volte del 1958). Tutti ingredienti amalgamati tra loro con grande maestria tecnica e in maniera decisamente originale, evitando qualsiasi eccesso o compiacimento derivativo. Inquietante, seducente, affascinante. Assolutamente imperdibile.

1) Carlito’s Way (1993)

Uno dei più toccanti film di Brian De Palma, che qui coniuga virtuosismo ed efficacia narrativa affidandosi a una solida sceneggiatura firmata da David Koepp (e ispirata ai romanzi di Edwin Torres). Carlito’s Way è un disincantato apologo sul destino miserabile delle anime destinate a indissolubili fallimenti, un gangster movie che segue traiettorie narrative convenzionali ma che, ugualmente, riesce a sorprendere, emozionare e fin commuovere. Un’opera che si apre e si chiude nello stesso modo, con la morte del protagonista: in mezzo un impossibile percorso di redenzione, in cui Carlito rimembra il passato e sogna il futuro, mentre il presente è l’unica temporalità che sembra non appartenergli. Grazie a un efficace utilizzo della voce narrante del protagonista, il film è una sorta di discesa agli inferi in soggettiva, in cui siamo chiamati a prendere il punto di vista dell’ex criminale dal buon cuore e, pur sapendo già quale sarà la conclusione, ci auguriamo che questa possa non arrivare mai. La perizia tecnica di De Palma non è mai stata così funzionale al copione di una sua pellicola e la parte finale, tragica e sontuosa, non si dimentica.

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