News
I 5 migliori film di Roberto Rossellini

Roberto Rossellini è stato uno dei grandi protagonisti del nostro cinema. Nel giorno del suo compleanno, vediamo quali sono i suoi 5 film più belli secondo il dizionario di longtake:


5) Europa ’51 


Roma. Agiata moglie alto-borghese di un ambasciatore, Irene piomba in una crisi esistenziale dopo che suo figlio muore in seguito a un tentativo di suicidio. La donna abbandonerà la precedente vita salottiera e intellettuale per entrare in contatto con il mondo delle fabbriche, dei poveri e dei malati. Seconda pellicola della cosiddetta “trilogia della solitudine” di Roberto Rossellini, ne rappresenta, con ogni probabilità, l’acme formale e tematico, dove la riflessione esistenziale del regista trova più sponde visive coerenti e affascinanti. Un ritratto pessimista e disperato dell’essere umano, soltanto apparentemente inserito in una dinamica sociale e collettiva, ma in realtà solo con i propri demoni. Caratterizzata da un rigore formale unico, con il fascino austero della fotografia di Aldo Tonti che si fonde con l’approccio essenziale di Rossellini, la pellicola acquisisce uno spessore che cresce a ogni visione.

Leggi la recensione completa del film qui.


4) Viaggio in Italia


Katherine (Ingrid Bergman) e Alex (George Sanders), aristocratica coppia inglese, giungono a Napoli per una vacanza estiva nel sud Italia. Qui, sullo sfondo delle bellezze turistiche e naturalistiche campane, i latenti dissidi tra i due verranno lentamente a galla. Dopo Stromboli terra di Dio (1950) ed Europa ’51 (1952), Viaggio in Italia è il terzo e ultimo capitolo della “trilogia della solitudine” rosselliniana, trittico di opere con al centro la crisi esistenziale dei personaggi interpretati da Ingrid Bergman con cui il regista romano si smarcò dal Neorealismo che lo rese celebre nel dopoguerra. Il deragliamento (pessimista e senza approdo) dalla razionalità della protagonista è fortemente indotto dal contesto geografico che la circonda: tuttavia, l’affascinante sfondo in cui si muove la Bergman, fatto di bellezze naturali ma anche di reminiscenze storiche e culturali (i musei, i templi dell’epoca classica), porta, dopo un iniziale sbandamento mistico, a una ricongiunzione della coppia, in un’ideale conclusione delle peregrinazioni irrazionali che fanno da leitmotiv delle tre pellicole. Rarefatta, ineffabile e a tratti impenetrabile, è l’opera più audace e allo stesso tempo moderna della trilogia, anticipando, di fatto, molto del cinema anti-narrativo e concettuale che si affermerà negli anni successivi.

Leggi la recensione completa del film qui.


3) Germania anno zero


È il film dove il pessimismo radicale rosselliniano emerge chiaramente per la prima volta (il regista aveva appena perso il figlio Romano, al quale è dedicata la pellicola), descrivendo, attraverso l’uso simbolico di una Berlino ridotta a scheletro urbano, una crisi di valori esistenziali che porterà al tragico gesto finale del protagonista. Sui responsabili di questa crisi morale Rossellini è abbastanza vago e sbrigativo (l’incipit iniziale si scaglia contro “l’ideologia”, ma nel film non c’è un analisi approfondita del nazionalsocialismo), ma al regista romano la Storia non interessa come disciplina scientifica, quanto piuttosto come quadro entro cui ambientare la sua visione artistica della vita: ecco allora che Germania anno zero assume un senso di chiusura tragica sull’assenza di morale nell’epoca post bellica. Semplicemente strepitoso.

Leggi la recensione completa del film qui.


2) Paisà


Tra le vette massime del neorealismo e tra i capolavori assoluti della storia del cinema (italiano e non), Paisà rappresenta l’estensione, a livello nazionale, di Roma città aperta (1945), in cui Rossellini scattò un immortale fotografia della Capitale sotto il giogo dei tedeschi nel ’44. Il racconto, sotto l’approccio realistico e calligrafico, cela una grande tensione “etica” che, attraverso la scelta di risalire la penisola insieme agli Alleati, comincia su uno scoglio della Sicilia e finisce al Nord, presso la foce del Po, veicolando l’idea della “risalita morale” di un intero popolo ferito. Lo stile asciutto, per nulla retorico e anti-spettacolare, inoltre, grazie al grande talento di Rossellini, riesce paradossalmente a soffiare dentro alle sei storie un calore e una vitalità umana che solo la vita quotidiana riesce a regalare.

Leggi la recensione completa del film qui.


1) Roma città aperta


Immortale capolavoro del cinema italiano, giustamente ritenuto l’opera simbolo del Neorealismo. Rigettando con forza l’enfasi retorica del MinculPop d’epoca fascista, Rossellini gira un film sulla quotidianità nella Roma occupata, prediligendo un registro asciutto e austero (e quindi morale). Un vero e proprio “pedinamento del reale” (alla maniera di Cesare Zavattini), infatti, prende corpo davanti agli occhi dello spettatore grazie al gusto personale del regista romano per le piccole cose e per i fatti insignificanti, in una sobrietà che non significa mai pretesa di obiettività, quanto piuttosto grande amore per gli esseri umani e la loro vita. La realtà viene inseguita, lasciando che si dipani e srotoli con spontaneità di fronte alla macchina da presa, così che la finzione del film finisce per diventare “vera” quanto la realtà dei fatti. Straordinaria la dirompente forza di alcuni personaggi (Don Pietro, prete antifascista che sembra incarnare e anticipare l’Italia cattolica e repubblicana che verrà, e Pina, donna e madre con una profondità e un ventaglio di accenti che ne fanno un persona reale, quasi palpabile) e l’incredibile progressione drammatica ed etica della seconda parte, che culmina nella scena della maledizione lanciata (e poi subito ritirata) dal prelato verso i Nazisti.

Leggi la recensione completa del film qui.

Categorie

Maximal Interjector
Browser non supportato.