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Aladdin: le Notti d'Oriente 25 anni dopo sono ancora magiche

Era il 1992 e la Disney, nel pieno del suo Rinascimento iniziato con opere come La Sirenetta (1989) e La Bella e la Bestia (1991), eplora il territorio persiano dando vita alle pagine di Aladino e la lampada meravigliosa, uno dei racconti più celebri di Le mille e una notte, e come spesso è capitato, prendendone solo spunto, modificando la favola in base alla propria poetica. Così accade con Aladdin, per la regia di Ron Clements e John Musker, uno dei Classici più belli e affascinanti, che dopo 25 anni riesce ancora a divertire ed emozionare, nell’immortalità che appartiene solamente ai più grandi.

“Un diamante allo stato grezzo”ù

La trama è nota: il giovane Aladdin si innamora della bellissima Jasmine, ma lui è un ladruncolo di strada, mentre lei è una principessa. Grazie al Genio della lampada, Aladdin riuscirà a traformarsi in principe, ma la brama di potere del perfido Jafar, gran visir del Sultano, sarà un grande ostacolo verso la felicità dei due. La tematica principale, oltre alla storia d’amore tra Aladdin e Jasmine – primo caso nei Classici in cui la principessa non compare nel titolo – è l’importanza di non fidarsi delle ingannevoli apparenze, scegliendo quindi come protagonista una ragazzo “che cela in sé il proprio valore”. Un diamante allo stato gresso, appunto. Chiaro il messaggio contro il pregiudizio e lo stereotipo, reso senza essere didascalici o retorici, anzi, riuscendo a inserirlo in una trama fatta di avventure e comicità che rendono Aladdin così unico. Il lavoro fatto sul protagonista è infatti ottimo, sia a livello di scenggiatura, sia a livello visivo, dove a supervisionare l’animazione è un genio assoluto come Glen Keane, tra i più celebri artisti che si sono occupati dei Classici Disney. In una prima stesura doveva comparire anche la madre di Aladdin, ma per snellire la trama si è optato per non menzionarla, discostandosi ulteriormente dal racconto originale, dove tuttavia non compariva Abu, la scimmietta che accompagna il ragazzo nelle sue avventure quotidiane: dal recupero dei pasti rubando al mercato, alla fuga dalle guardie che lo cercano senza mai riuscire ad acciuffarlo. Non è un principe, anche se vorrebbe, ma forse è proprio questo il valore aggiunto che permette ad Aladdin di essere di gran lunga meglio di Ali Ababwa, il suo alter ego regale creato su misura dal Genio della lampada per far in modo che Jasmine possa sposarlo. Allo stesso modo, anche Jasmine prosegue l’evoluzione sulla figura femminile iniziato dalla Disney con Ariel e e Belle: ribelle, fugge da palazzo, una principessa che si mescola alla gente comune e si innamora di un ragazzo povero e arriva a far cambiare una legge in nome di qualcosa in cui crede. Jasmine è scelta da Aladdin, sì, ma a sua volta è lei a scegliere, non è spettatrice passiva degli eventi che ne decideranno il destino, perché non è un trofeo da vincere, come lei stesso esplicita.

“Un amico come me”

Il Genio – doppiato in versione originale da Robin Williams e in italiano da Gigi Proietti – è sicuramente uno dei personaggi secondari meglio riusciti nella storia dei Classici, sempre che si possa parlare di personaggio secondario. È incredibile pensare che la Disney abbia dato libertà totale a Robin Williams (premiato con il Golden Globe) al punto che l’attore fu libero di improvvisare alcune sequenze che vennero poi successivamente animate adattandosi al nuovo testo e non al copione previsto in un primo momento. Esplosivo, esilarante, ma anche malinconico, celando in sé una schiavitù che ai suoi occhi azzera tutti i suoi poteri, che sono nulla senza la tanto agognata libertà. Senza dubbio encomiabile il lavoro svolto da Robin Williams, ma è doveroso celebrare il talento di Gigi Proietti che funge da ulteriore valore aggiunto al personaggio con una prova di doppiaggio esemplare e memorabile: la sequenza in cui il Genio presenta i suoi poteri ad un attonito Aladdin è un mix perfetto di comicità e meraviglia che grazie ai due doppiatori viene ancor più elevato. Inoltre, è ormai quasi confermata l’interpretazione secondo cui il venditore ambulante all’inizio del film non sia altro che il Genio camuffato e narratore delle vicende moltissimi anni dopo che sono accadute, ed è questa un’ipotesi che ha preso vita anche a Broadway, dove l’attore che interpreta il narratore e il Genio è lo stesso.

“A whole new world”

Tra gli elementi più interessanti di questo capolavoro Disney c’è sicuramente la colonna sonora, firmata da Alan Menken, subentrato a Howard Ashman, scomparso prematuramente durante la produzione del film, riuscendo comunque a comporre alcuni dei pezzi. A spiccare è naturalmente A whole new world (in italiano “Il mondo è mio”), ad impreziosire una delle sequenze più belle dell’intera opera (in cui Aladdin e Jasmine girano il mondo a bordo del tappeto volante) grazie ad un testo romantico, coinvolgente e mai stucchevole o banale, capace di guadagnarsi sia il premio Oscar, sia il golden Globe. Solo candidatura agli Oscar e Golden Globes per Friend like me/ Un amico come me, che accompagnava la travolgente presentazione del Genio, mentre invece Prince Ali/Il principe Ali, che accompagna l’ingresso trionfale di Aladdin/Principe Ali Ababwa ad Agrabah, ha ricevuto la nomination al Golden Globe. Per quanto riguarda la canzone d’apertura, Arabian nights/Le notti d’Oriente, capace di immergere lo spettatore facendo respirare le atmosfere persiane, la Disney ha dovuto modificare il testo originale per la versione home video, a seguito di una polemica avvenuta a causa del testo: “E ti trovi in galera anche senza un perché/che barbarie, ma è la mia tribù” (in originale “Where they cut off your ear if they don’t like your face/It’s barbaric, but, hey, it’s home”) è stato trasformato in “C’è un deserto immenso e un calore intenso/Non è facile, ma io ci vivo laggiù” (“Where it’s flat and immense and the heat is intense/It’s barbaric, but, hey, it’s home”). Menken, Ahman e Tim Rice hanno regalato comunque una colonna sonora memorabile, elemento ormai sempre più raro e, per questo, prezioso.

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