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Bif&st 2017: Lezione di cinema di Dario Argento

Mio padre era un produttore, mia madre una fotografa. Era forse naturale che io diventassi regista.” Così il maestro dell’horror all’italiana Dario Argento si è raccontato al pubblico del BiFest nel corso di una affollata lezione di cinema. “Da Sergio Leone, durante la lavorazione di C’era volta il west, che scrissi insieme a Bernardo Bertolucci, ho imparato cos’è il cinema, ma a casa mia si è sempre respirata aria di cinema. Da piccolo frequentavo i teatri di posa dove lavorava mia madre, fotografava modelle bellissime. Da lei ho imparato ad usare la luce e ho assorbito la mia predilezione per i personaggi femminili. In quasi tutti i miei film le donne rivestono un ruolo centrale.


Anche il rapporto con le attrici, di conseguenza, è stato importante, lungo una carriera che copre oltre quaranta anni di attività. “Scelsi Clara Calamai per Profondo rosso perché volevo una attrice del cinema italiano del passato, con quel tipo di esperienza, con un modo antico di recitare. Era molto ricca ma accettò la parte. Quando andai a proporgliela, sorseggiava continuamente vodka con il peperoncino. Era un’ubriacona. Joan Bennett la scelsi per Suspiria, soprattutto perché era stata la donna di Fritz Lang, uno dei miei miti cinematografici, e io speravo che mi raccontasse qualcosa di lui. Ma lei rimandava sempre finché non finimmo le riprese senza che lei mi rivelasse nulla. Alida Valli, sempre per Suspiria, la scelsi per il suo ghigno da nazista. Fu davvero stupenda, e soprattutto non beveva.


Un rapporto, quello con gli attori, che ha toccato alti e bassi: “La maggior parte delle volte mi sono trovato molto bene, anche con attrici giovanissime come Jennifer Connelly, con cui feci Phenomena o mia figlia Asia, che ha debuttato con un film prodotto da me e che ho poi diretto cinque volte. Ricordo anche un rapporto meraviglioso, tra gli altri, con Harvey Keitel che ho diretto in un episodio di Due occhi diabolici, un vero fenomeno. Però ci sono le eccezioni: sul set di L’uccello dalle piume di cristallo ebbi un pessimo rapporto con Tony Musante, fin dal primo ciak. Alla fine della lavorazione arrivò a farsi dare il mio indirizzo e si presentò alla porta di casa mia prendendola a pugni e calci. Un altro rapporto conflittuale l’ho avuto con Cristina Marsillach, che avevo scelto personalmente per Opera ma che si rivelò capricciosa e polemica anche lei fin dall’inizio. Litigammo per diversi giorni finché, da un certo punto in poi, iniziai a comunicare con lei solo attraverso il mio aiuto regista, Michele Soavi.


A proposito del futuro, c’è spazio per molta nostalgia e qualche rimpianto: “Avevamo messo su insieme ad amici come John Carpenter, George Romero o Tobe Hooper una vera factory ed è stato bello veder crescere nuovi talenti, che ho lasciato sempre liberi, mantenendomi lontano dai loro set. A un certo punto però diventò sempre più difficile trovare finanziamenti. Il cinema aveva già preso la strada della commedia influenzata dalla comicità televisiva, quella della risata stupida, insensata. Mi è rimasto il rimpianto di non aver potuto produrre un film di Lucio Fulci.


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