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Christopher Nolan a Cannes: la sintesi della masterclass!

Nel pomeriggio di sabato 12 maggio, il Festival di Cannes ha ospitato il regista Christopher Nolan per una masterclass corposa e interessante dove l’autore anglofono ha avuto modo di raccontare il suo rapporto con la pellicola, il suo personale lavoro creativo e alcuni ricordi legati alla sua adolescenza che lo hanno poi spinto a intraprendere la carriera cinematografica.

Nolan si trova al Festival per presentare la versione da lui stesso curata e restaurata di 2001: Odissea nello spazio, di Stanley Kubrick, in vista del cinquantesimo anniversario dalla uscita. Ecco una sintesi di quanto emerso dalla chiacchierata con il pubblico.

 

Sul rapporto con 2001: Odissea nello spazio

Quando ero ragazzo mia mamma mi portò a vedere 2001: Odissea nello spazio a Leicester Square nel cinema più grande di Londra dotato di un proiettore 70mm. Fu per me un’esperienza totale e con questo restauro vorrei poter far provare le mie stesse emozioni ai ragazzi di oggi. Ormai rimasterizzare vuol dire digitalizzare, ed è un vero peccato perchè in questo modo stiamo letteralmente cambiando il media: dalla pellicola, passiamo a un file. Con questo restauro, volevo tornare alla fonte originale del film del 1968, per questo motivo ho deciso di lavorare direttamente sulla pellicola. Abbiamo ripulito l’immagine il più possibile senza toccare nulla. Digitalizzare è un bene, ma non è quello che cercavo per questa operazione.

 

Sul rapporto con la pellicola

Abbiamo bisogno della pellicola perché è l’unico media in grado di poter resistere al tempo. La tecnologia cambia freneticamente ma la pellicola resta. Molti registi stanno tornando a utilizzarla per girare i propri film (Tarantino, Paul Thomas Anderson,..) poichè si sono accorti che la gamma cromatica della celluloide è di gran lunga superiore rispetto a quella digitale. Inoltre la definizione che potenzialmente possiamo raggiungere con una pellicola IMAX è davvero unica. Mi sono avvicinato a questa tecnologia sin da ragazzo, quando guardavo gli sho IMAX che solitamente erano dei documentari di circa 40 minuti. Dicevano che sarebbe stato il futuro del cinema e io poco alla volta ho seguito il flusso. A partire da Il cavaliere oscuro ho iniziato a usare le cineprese IMAX sul set (cosa solitamente vietata poichè il girato veniva convertito in IMAX solo a posteriori). È stato bellissimo, un’esperienza lavorativa unica. Da quel momento non ho mai smesso di usarla.

Se lavori in analogico e poi digitalizzi il tutto, perdi per forza qualche dettaglio. Così come se vai ad aggiungere effetti digitali su pellicola in post produzione. In Dunkirk abbiamo cercato di ridurre al minimo questo lavoro per ricreare un’esperienza avvolgente e reale per il pubblico in sala ma anche pergli attori sul set, che avrebbero infatti potuto interagire in maniera più spontanea e sincera.

 

Consigli su come iniziare a fare cinema

Il miglior modo di imparare a fare film, è fare film. Credo che l’abbia detto Stanley Kubrick e sono pienamente d’accordo. Quando fai un film con i tuoi amici, per iniziare (come fu nel mio caso per Following), tieni sotto controllo ogni singolo reparto per non sbagliare e lì impari di tutto. Ai giovani suggerisco di sperimentare e prendere confidenza conil montaggio, il sonoro, le luci, la scrittura. Se la troupe con cui lavori nota le tue competenze e intuisce che stai dando la giusta attenzione al loro reparto, allora diventa tutto più facile e si instaura il clima migliore per girare. Solo per essere chiaro, non ho fatto scuola di cinema perché non ho potuto entrarvi. Mio papà disse che avrei dovuto studiare qualcosa di serio. Così optai per la letteraturia inglese. In realtà mi ha aiutato molto ad ampliare la mia visione drammaturgica.

Lavoro spesso con la mia famiglia (biologica e professionale) perchè credo sia il modo migliore per ottenere ottimi risultati. Ci conosciamo bene e non temiamo di dire quello che pensiamo. Con mio fratello Jonathan mi confronto spesso in fase di scrittura. Abbiamo collaborato quasi sempre, seppur in maniera ogni volta diversa. Mia moglie Emma invece ha prodotto tutti i miei film. Poi da diversi anni collaboro costantemente con Hans Zimmer per il reparto musicale, mentre ho spesso affidato la direzione della fotografia a Wally Pfister.

 

Sul blockbuster hollywoodiano

Il grande vantaggio di poter lavorare sui blockbuster hollywoodiani è quello di aver soldi a sufficienza per costruire fisicamente dei set immersivi in cui ambientare le tue storie: dare concretamente corpo a nuovi mondi. Tuttavia non sono uno che si accontenta. Credo che alla base di tutto debba esserci comunque uno spunto drammaturgico degno di questo nome. Prendete l’esempio di Batman: è supereroe, ma non un cinecomic. Anzi, ho sempre pensato alla saga come a un thriller. In fondo Bruce Wayne non ha nemmeno un super poter, solamente una grande morale (e un mucchio di soldi).  Alcuni hanno visto un parallelismo tra questo personaggio e James Bond, ma io credo che il mio film maggiormente vicino a 007 (personaggio che amo, come molti di voi sanno) sia Inception.

 

 

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