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I cinque motivi per cui non dimenticheremo Heath Ledger

22 gennaio 2008. In un freddo pomeriggio d’inverno a SoHo, New York, nella lista di icone hollywoodiane strappate prematuramente al mondo terreno si aggiunge Heath Ledger, stroncato a soli 28 anni da un mix, probabilmente accidentale, di psicofarmaci e sonniferi. Interprete australiano con appena una ventina di titoli all’attivo, da una gavetta fatta di serie TV kitsch e filmetti altalenanti era riuscito a imporsi come uno dei talenti più brillanti e promettenti della sua generazione. Ben oltre il fascino da ragazzo ribelle studiato per un pubblico di ragazzine, Ledger si era lasciato alle spalle la carriera da attore belloccio in rivisitazioni shakespeariane in chiave teen (10 cose che odio di te, ma come dimenticare la scena in cui canta Can’t Take My Eyes Off Of You?), edificanti mélo in costume (Il patriota, Le quattro piume) o imbarazzanti contaminazioni medievali-rock (Il destino di un cavaliere), per avviare un percorso più impegnato e coraggioso interrottosi improvvisamente. Cosa resta di lui nella memoria del pubblico cinematografico? È solo uno dei tanti attori bruciati da una fine giovanile, forse con il destino già scritto nel nome (omaggio all’Heathcliff di Cime tempestose), oppure una figura in grado di segnare a suo modo la storia del cinema? Noi vi proponiamo cinque motivi per cui Heath Ledger resta un attore difficile da dimenticare.


La maschera del Joker in Il cavaliere oscuro

Il suo penultimo film resta quello più cult, quello con il ruolo della vita. Nel secondo capitolo della trilogia di Christopher Nolan dedicata a Batman (uscito nel 2008, sei mesi dopo la sua morte), Ledger si cala con inquietante mimetismo nel più pericoloso tra i nemici dell’Uomo pipistrello. Incarnazione amorale del caos e dell’anarchia che sfida l’ordine, il suo personalissimo Joker, contraddistinto da un fascino perverso con cui ruba la scena allo stesso Christian Bale/Batman, è la più pura e cristallina esternazione del talento di Ledger. Una parte “maledetta” e per molto tempo associata alla sua morte, come se la profonda identificazione con il clown malvagio della Dc Comics l’avesse in qualche modo determinata. In realtà, pare che Ledger non avesse subito alcun effetto negativo dall’interpretazione e considerasse, anzi, il Joker come “il ruolo più divertente” della sua carriera.


L’Oscar postumo

Proprio Il cavaliere oscuro gli regala il più alto riconoscimento, assegnato purtroppo post mortem. Nella cerimonia del 2009 sono i genitori e la sorella a ritirare l’Oscar come miglior attore non protagonista, in uno dei momenti più commoventi nella storia dei premi americani. Insieme a Peter Finch (per Quinto potere), Ledger è l’unico attore ad aver vinto un Academy Award postumo, cui peraltro si sono aggiunti, tra gli altri, Golden Globe, Bafta e SAG Awards per il medesimo ruolo.

L’amore puro di I segreti di Brokeback Mountain
Già in precedenza, però, Ledger aveva dimostrato di essere un attore notevole e interessato ad affrontare personaggi problematici, come l’agente depresso in Monster’s Ball (2001), il poeta tossico scivolato in un vortice autodistruttivo in Paradiso + Inferno (2006) e, soprattutto, lo schivo cowboy Ennis Del Mar in I segreti di Brokeback Mountain di Ang Lee (2005). Qui, in coppia con l’amico Jake Gyllenhaal, dà vita a una love story struggente che sdogana l’amore omosessuale nel cinema mainstream con un’eleganza e una delicatezza uniche. Heath (che sul set incontra la futura compagna Michelle Williams, mamma di sua figlia Matilda Rose) recita con silenzi e sguardi e colpisce al cuore, regalando uno dei finali più vibranti del cinema recente e raccogliendo la sua prima candidatura all’Oscar.



Il Bob Dylan di Io non sono qui
Forse il più grande biopic di sempre su un artista musicale, sorprendente gioiello postmoderno firmato da Todd Haynes (2007). La vita e la personalità del menestrello del Minnesota si frammentano in sei diversi personaggi interpretati da altrettanti attori (oltre a Ledger, Cate Blanchett, Richard Gere, Christian Bale, Marcus Carl Franklin e Ben Wishaw). La star del cinema Robbie Clark impersonata dall’attore australiano rappresenta il Dylan più privato, quello dell’amore profondo e fragile con la moglie Sarah Dylan: ancora una volta convincente, è impegnato in intensi duetti con Charlotte Gainsbourg. Alla Mostra di Venezia, ritira la Coppa Volpi assegnata alla Blanchett in bermuda e calzini a righe, lasciando l’immagine di un divo adorabilmente ribelle e refrattario all’etichetta.



L’ultimo ruolo in Parnassus
Se Il cavaliere oscuro resta probabilmente il suo testamento artistico, il vero commiato è con Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo (2009) di Terry Gilliam (che già lo aveva diretto in I fratelli Grimm e l’incantevole strega), altra pellicola postuma che Ledger non è riuscito neppure a completare. Con un escamotage narrativo, l’attore viene sostituito in alcune scene dagli amici Jude Law, Johnny Depp e Colin Farrell. Heath si congeda con un bizzarra e imperfetta fiaba gotica e con quella scena del corpo impiccato (citazione della morte di Roberto Calvi) che suona quasi sinistramente profetica.

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