News
David di Donatello 2017, tra pazze gioie e #DavidSoOscar

Una cerimonia il più rapida ed efficiente possibile, con 45 secondi a testa per i discorsi di ringraziamento e un conduttore giovane e smart, Alessandro Cattelan, in linea con il target della serata. La nuova veste che Sky ha cucito addosso ai David di Donatello, dopo anni di incolore passaggio su Rai 1 nel disinteresse generale, si conferma copia carbone, perfino un po’ naïf, dei rituali e delle situazioni tipici della cerimonia di consegna degli Oscar nella notte del Dolby Theatre di Los Angeles. A cominciare dal prologo parodico, che nel secondo anno consecutivo dei David targati Sky, dopo l’incursione di Paolo Sorrentino e dei The Jackal della scorsa edizione, ha visto Luca Argentero, Valerio Mastandrea e lo stesso Cattelan cimentarsi in un corto satirico dal titolo Io, te e David, sfottò dei film italiani sulla famiglia, tra fratellanze improbabili e scelte di casting piuttosto ardite.

La presenza in scena di Mastandrea aumenta naturalmente a dismisura il surplus di ironia e compiacimento sornione e, come di consueto con l’attore romano, si ironizza sul cinema d’autore italiano, tra riviste dal titolo emblematico, Lagna cinema, e mantra inequivocabili (“il cinema è una grossa presa per il culo che va presa molto seriamente”). Cattelan dal canto suo, introducendo la cerimonia e dopo aver doverosamente ricordato Gian Luigi Rondi, prosegue in scia, bollando Francesco Rutelli come “il re delle cougar”, in barba ad Argentero, nel bel mezzo di un monologo da entertainer e da stand-up comedian che vuole fare il verso ai suoi omologhi americani. È la cifra della serata, ritmata e godibile ma derivativa, con una platea molto più imbalsamata e molto meno autoironica, in larghissima parte, rispetto a quella degli Academy Awards, con l’esterofilia che si erge, come spesso accade, a massima forma di provincialismo.

Nel ritirare il David come miglior attore non protagonista è ancora Mastandrea a vestire i panni della mattatore, chiedendo alla platea di imbambolarsi per dieci secondi a fissare il vestito di Jasmine Trinca e soprattutto ricordando Josciua Algeri, il giovane interprete di Fiore recentemente scomparso e del quale l’attore appena premiato ha ricordato il vissuto travagliato e i sogni determinati, attraverso brevi e commossi accenni. Un premio che si è però rivelato l’unico conquistato dal bel film di Claudio Giovannesi nel corso della serata, nella quale a dividersi il maggior numero di statuette sono stati Indivisibili di Edoardo De Angelis e Veloce come il vento di Matteo Rovere.

Due opere dirette in maniera estremamente consapevole rispetto alla materia affrontata, capaci di sostenere con coscienza e sicurezza due sfide, entrambe narrative ed emotive, importanti per il cinema italiano del nostro tempo. Sia le ragazze siamesi di De Angelis, Daisy e Viola, che la famiglia De Martino del film di Rovere sono figure singolari e umanissime, caduche e preziose, affrontate con notevole tatto antropologico e una ragguardevole consapevolezza di genere. Nessuna delle due opere aveva la bruciante purezza poetica di Fiore, la sua essenzialità e immediatezza, ma era in qualche modo doveroso che i David di Donatello, incaricati di premiare il miglior cinema italiano dell’anno anche in termini industriali e di concept, ne premiassero le sfide e ne sottolineassero l’importanza (Indivisibili partiva da 17 candidature, Veloce come il vento da 16).

Tra un premio alla carriera fuori tempo massimo a Roberto Benigni, che si è lasciato andare alla solita immancabile retorica patriottica di grana grossissima, e qualche ulteriore incursione comica (l’impagabile Il montatore gelosone di Ivo Avid, finto film per ironizzare sulla categoria miglior montaggio, firmato Maccio Capatonda), la serata è andata avanti con una parentesi In Memoriam, anch’essa ricalcata sugli Oscar e accompagnata da un Manuel Agnelli in versione beatlesiana alle prese con Across the Universe, e con un doppio premio ad Enzo Avitabile, musicista napoletano di gran pregio che si è conquistato due meritate stutuette per il suo lavoro proprio in Indivisibili, come musicista e come autore del brano Abbi pietà di noi. La sua dedica, indirizzata a tutte le periferie del mondo per l’ispirazione creativa che esse gli hanno fornito, è stata tra le più sintetiche e toccanti.

Se pare piuttosto discutibile il David come miglior regista esordiente a Marco Danieli per il torvo e manicheo La ragazza del mondo, ai danni del più interessante e propulsivo Mine di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, sacrosanti sono stati i premi ai due attori protagonisti: Stefano Accorsi, alle prese in Veloce come il vento con un personaggio sfatto e disintegrato dalla vita, Loris De Martino, che l’interprete restituisce con una prova all’insegna del puro metodo; e Valeria Bruni Tedeschi, nei panni della Beatrice Morandini Valdirana de La pazza gioia, che ha stupito tutti con un discorso vibrante e dolcissimo, all’insegna della sincerità e della commozione, oltre che improntato a un’umoralità docile ma anche irruente e un po’ naïf che non sarebbe dispiaciuta proprio al personaggio per il quale è stata premiata, soprattutto per la mirabile commistione di risate e lacrime.

Più di comodo e rassicuranti, invece, i David di Donatello andati proprio a La pazza gioia come miglior film e a Paolo Virzì come miglior regista: un trionfo un po’ telefonato e non troppo incalzante per un’opera che, nonostante la sua dimensione travolgente da road movie degli affetti e della disabilità psichica, appare fin troppo controllata e studiata a tavolino nelle sue singole fasi per parlare, oltre che di vitalità, anche di follia. Il nuovo rappresentato da autori più giovani (De Angelis, Rovere, Giovannesi) si afferma insomma fino a un certo punto, come lo stesso Virzì ha fatto notare in un capolavoro di autoironia, citando Alberto Arbasino e bollando i tre colleghi più giovani come “brillanti promesse” e Marco Bellocchio, candidato come miglior regista per Fai bei sogni, come “venerato maestro” (ritagliando per sé, dunque, il ruolo ben più scomodo del “solito stronzo”).

Maximal Interjector
Browser non supportato.