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Droghe, cinema e amore: Gaspar Noé si confessa a Locarno

Si è presentato a Locarno con una maglietta di Henry – Pioggia di sangue Gaspar Noé, regista argentino con il gusto della provocazione che, film dopo film, è diventato uno degli autori più controversi del cinema contemporaneo.

Protagonista di una delle “conversazioni” del festival, Noé non si è smentito e, con la sua voce bassa e sempre a rischio di mangiarsi delle parole, ha ribadito quanto il suo cinema (e se stesso) sia distante dai canoni dell’industria.

Deciso a farlo parlare di musica nelle prime battute della conferenza, l’intervistatore ha battuto su questo punto ma Noé ha subito spostato la sua attenzione sulle droghe, le sostanze che gli hanno aperto la mente.

«Le visioni che nascono dall’assunzione di droghe sono le immagini della parte più profonda di noi stessi», dice Noé, specificando però che non ha mai preso droghe con degli uomini: «non è divertente», secondo lui.

«Sulle droghe c’è una brutta rappresentazione al cinema. Riprendono solo i brutti momenti, però ce ne sono anche di belli». In particolare, Noé ha sottolineato che mescolando drug moments e love moments ha vissuto i momenti più belli della sua vita.

Tra le esperienze della sua vita in cui il cinema si è mescolato all’assunzione di droghe, ricorda la visione di Una donna nel lago di Robert Montgomery: «Avevo vent’anni, preso delle sostanze allucinogene e il film era tutto girato in prima persona». Fu per lui una grande esperienza e una delle ispirazioni per girare Enter the Void con la stessa tecnica.

Un altro film che Noé cita spesso è un certo 2001: Odissea nello spazio: «La fine di 2001 Odissea nello spazio è il momento cinematografico che riproduce ciò che va oltre la realtà, è un sogno. Nella vita reale le persone percepiscono attraverso il filtro del sogno della realtà, e non la realtà stessa. Così come accadeva nel film. Il filtro dei sogni è lo stesso che c’è tra i tuoi occhi e il tuo cervello».

 Verso la conclusione della conversazione ha citato anche Eraserhead di David Lynch e Un chien andalou di Louis Buñuel come film perfetti per capire come il cinema possa rappresentare i nostri sogni e… i nostri incubi: «I sogni sono più reali di quanto lo sia la vita», chiosa il regista argentino.

In mezzo a tante frasi provocatorie («Le persone sono stupide, sia da una parte dello schermo che dall’altra») ha parlato anche del (suo) cinema: «Per me fare cinema è giocare con la camera, sia essa fissa o in movimento, coi ralenti o coi pianisequenza […] I miei ultimi due film non sono stati dei successi commerciali, però ho trovato soldi per farli produrre. Convincere le persone a darti tanti soldi è la parte difficile, ma anche in caso di delusione al botteghino io resto contento […] Fare film mi dà un senso alla vita. Sono orgoglioso della mia vita in quel momento».

Oltre ad averci fatto sapere che la sua vita è più divertente dei suoi film, Noé ha poi voluto criticare il sistema americano, basato sulle armi, e il fatto che quando c’è un omicidio e si uccide qualcuno sembra un’esperienza normale: «Come mangiare da McDonald’s. Il sistema d’intrattenimento USA è così ed è per questo che non vado in quel paese».

A domande sui suoi film più emblematici, su Irreversible si è concentrato a descrivere come la sequenza dello stupro generi opinioni diverse in chi la guarda; su Enter the Void per la sua natura psichedelica, mentre su Love: «Alle persone non è piaciuto ma non importa. È piaciuto a me».

Infine, in mezzo a battute dal tono di voce sempre piuttosto sommesso, un sussulto Gaspar Noé l’ha avuto quando gli hanno chiesto chi sia il suo maestro: «Dario Argento! Portatemelo qui, è al Festival».

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