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Intervista a Marco D'Amore, giovane promessa del cinema italiano

In occasione del Prato Film Festival 2016, abbiamo avuto modo di intervistare Marco D’Amore, giovane promessa del cinema italiano e tra i protagonisti della fortunata Gomorra – La serie.

Il suo ultimo film, Un posto sicuro, è uscito in sala nel Dicembre 2015. Quale effetto le fa riproporre l’opera sei mesi dopo all’interno di un Festival cinematografico? Pensa che la città di Prato possa contribuire a dare nuova vita al progetto?

Sono molto felice di poter accompagnare il film anche in questo Festival. Da quando il nostro lavoro è uscito in sala, gli è stato riservato un mese di programmazione nei cinema (un ottimo risultato se pensiamo che si tratta di un’opera prima). Dopo questo periodo, abbiamo iniziato a girare l’Italia per presentarlo nei più svariati Festival di cinema dove abbiamo ricevuto sempre un’attenta e calorosa accoglienza. Per questo motivo sono davvero contento di essere giunto sino a Prato dove mi auguro di replicare il successo ottenuto altrove.

Oltre al vostro lavoro, Prato Film Festival propone altri titoli italiani nella sua programmazione. Crede che ci sia bisogno di Festival simili in grado di avvalorare il cinema nostrano?

Assolutamente si. Le rassegne festivaliere sono indispensabile per cercare di proporre al pubblico il cinema di qualità che la maggior parte delle volte viene negato alla distribuzione più capillare. In Italia sono moltissimi i progetti che faticano a trovare il buio delle sale, eppure dovrebbero essere proprio questi piccoli autori a ricevere la giusta attenzione degli spettatori. I Festival permettono tutto ciò e per questo motivo vanno ringraziati e stimati.

In Un posto sicuro, non è solo attore protagonista, ma anche produttore e co-sceneggiatore. Il tema è scottante e delicato (la lunga vicenda giudiziaria che vide coinvolta l’Eternit di Casale ritenuta responsabile di migliaia di morti). Quanto è stato importante per lei questo progetto e perchè hai deciso di esporti così in prima persona?

È stato un progetto molto impegnativo in cui da subito ho sentito una forte spinta che mi muoveva verso la realizzazione. Sentivo la necessità di raccontare al grande pubblico un fatto di cronaca spesso accantonato e non al centro dell’attenzione come dovrebbe. Ci siamo mossi con molta cautela perché la materia trattata necessitava del massimo riservo e prima di iniziare la stesura della sceneggiatura abbiamo trascorso un anno a contatto con gli operai e i cittadini di Casale.

Potremmo dire che lei sia uno dei volti del cinema di genere italiano contemporaneo, come mostrano i ruoli in due noir come Perez. e Alaska. Secondo lei qual è lo stato di salute di questo tipo di cinema e come mai è così apprezzato, soprattutto all’estero?

Io credo che il gusto cinematografico sia molto connesso con la cultura di un Paese. Da vent’anni a questa parte, in Italia siamo stati completamente invasi da un certo stile filmico, dalle commedie o dalle grandi opere autoriali. I giovani fanno quindi sempre più fatica ad affermarsi, ancor più se si cimentano in generi meno consoni. All’estero invece c’è più curiosità e attenzione verso qualsiasi lavoro. Credo che sia per questo che i titoli da te citati abbiano ricevuto una miglior risonanza al di fuori dei nostri confini.

Gomorra – La serie è ormai diventato un fenomeno cult e un prodotto seguitissimo. Quanto ha influito su di lei l’enorme successo che ne è derivato, in termini di responsabilità artistica e sovraesposizione mediatica?

Per quanto riguarda le mie decisioni artistiche non è cambiato nulla. Io arrivo dal teatro e solo in un secondo momento mi sono approcciato al cinema. Nel mondo teatrale, la prima cosa che si insegna è la fatica e l’etica del mestiere. Per questo motivo non ho cambiato atteggiamento rispetto agli anni scorsi nello scegliere i nuovi progetti. A livello mediatico invece non posso che constatare quanto il mio pubblico sia aumentato. Tutto ciò mi mette costantemente sotto l’attenzione di molti e allora sì che devo calibrare le mie affermazioni e i miei comportamenti.

Non solo cinema italiano: è anche stato tra gli interpreti di Love Is All You Need della regista danese Susanne Bier, insieme a star del calibro di Pierce Brosnan. Come ha vissuto questa esperienza?

Lavorare con Susanne Bier è stato un grande regalo per me. Da sempre la ritengo una delle autrici più intelligenti del panorama internazionale, adoro i suoi film. Quando mi hanno contattato per i provini di Love Is All You Need ho accettato senza esitare. Sono bastati trenta minuti di prove per trovare l’intesa con Susanne e così sono entrato nel cast. È stato straordinario lavorare per tre settimane su un set popolato da un team di professionisti esperti e con una cultura cinematografica notevole.

Puoi svelarci qualche anticipazione sul tuo futuro? Stai già lavorando a qualcosa?

Ho terminato settimana scorsa le riprese di un film che probabilmente farà molto parlare di sé. Si chiama Brutti e cattivi, diretto da Cosimo Gomez e interpretato da me e Claudio Santamaria. Il regista è uno scenografo e fumettista, quindi ha adottato uno sguardo decisamente particolare e insolito per le riprese. A breve invece tornerò a dedicarmi al teatro, la mia prima passione. Non vedo l’ora di salire in scena perché un po’ mi manca il silenzio del palcoscenico, capace di regalare emozioni che nessun altro luogo potrà donare.

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