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L'affresco oscuro della Roma nascosta: una riflessione su Suburra 2

Secondo giro di boa per la prima serie televisiva italiana originale Netflix. Il 22 Febbraio sono stati rilasciati sulla piattaforma streaming gli otto nuovi episodi della seconda stagione di Suburra. Ritorna così l’epico affresco oscuro della Roma nascosta, quella dei potenti criminali e dei politici manovrati da essi, quella del clero blasfemo e della polizia corrotta, quella del marcio che regge le fondamenta dello stato italiano. Se la prima stagione però aveva le sembianze del romanzo di formazione, i nuovi capitoli acquistano un aspetto più maturo, grazie ai personaggi e anche ai pretesti che muovono la storia.


Ritornano sullo schermo tutti i precedenti protagonisti e i comprimari rimasti in vita. In prima linea l’antieroe assoluto Aureliano Adami portato alla luce dalla star Alessandro Borghi. Sfortunatamente però, l’erede dell’impero criminale di Ostia, è il personaggio che ha meno dimostrato un’evoluzione, rimanendo ancorato allo stereotipo di irascibile e ambizioso giovane gangster dal cuore infranto. Vengono invece esplorate nuove interessanti sfumature degli altri due protagonisti, “Spadino” Anacleti e Lele Marchilli. Il primo, il rampollo di una potente famiglia di criminali zingari, interpretato in modo eccentrico e intenso da Giacomo Ferrara, prova a comprendere meglio la sua ambigua sessualità e a imporre il suo ruolo nel proprio ambiente criminale. Il secondo, il giovane per bene aspirante spacciatore, dopo la morte del padre, è entrato nelle forze dell’ordine, tentando di lasciarsi alle spalle un passato scomodo nonostante certi fantasmi siano molto ingombranti. I tre giovani protagonisti si affacciano ora per la prima volta veramente nel mondo adulto, dove non devono più rispondere a temibili genitori castranti, ma dove le responsabilità comportano rischi sempre maggiori. Il principale ostacolo agli scopi dei tre personaggi rimane il glaciale e monolitico villain “Samurai”, l’uomo che da dietro le quinte tira le fila dei più loschi affari della città eterna, non un canonico boss, ma una figura che all’ombra di un maneggio ha il potere di manovrare politici, criminali e uomini di chiesa. Quest’ultimo rimane senza dubbio il personaggio più intrigante del serial, interpretato ancora una volta con enorme professionalità da Francesco Acquaroli.


I motori della nuova storia sono principalmente due. Il primo è il tema dell’immigrazione. Suburra condanna tutti e non assolve nessuno, descrivendo l’arrivismo e la spietatezza di cardinali, imprenditori e politici intenzionati a trarre a tutti i costi un guadagno più cospicuo possibile grazie ai flussi dei profughi extracomunitari. È qui che la serie dimostra il suo maggior pregio, il coraggio di portare in televisione realtà molto scomode senza edulcorazioni di alcun tipo. Il secondo argomento cardine poi è l’elezione del nuovo sindaco della capitale. Entra in gioco ora l’Amedeo Cinaglia del bravissimo Filippo Nigro, uomo politico che si allontanerà sempre di più dalla propria onestà idealizzata per ottenere i suoi scopi egoisti e materialisti. Acquistano carisma anche le giovani figure femminili, in particolare la moglie di Spadino, Angelica, e Nadia la nuova protégé di Aureliano. Due donne che affermano la loro autonomia e la loro forte individualità.


Tralasciando qualche eccessivo patetismo nelle prime puntate, questa nuova stagione decolla dalla seconda metà ampliando il proprio spettro visivo verso una crescente corruzione che attraversa tutti gli strati sociali della Roma moderna senza risolversi mai in nessuna redenzione. Il male vince sempre, ha già vinto in partenza, ma il lato oscuro possiede anche un fascino profondo, umano. In Suburra si assiste in prima persona ad una caduta libera verso un abisso senza fondo, dove più si prova a risalire e più si scivola, più ci si lava le mani e più il sangue diventa evidente su di esse, proprio come la Lady Macbeth shakespeariana. Dal bardo dell’Avon infatti la serie eredita i temi del senso di colpa e della lotta per il potere nelle loro accezioni più pure. Concetti che vengono calati però in una realtà urbana contemporanea e infusi di un’attitudine street influenzata da una colonna sonora composta da brani dallo stile crudo e diretto dell’old school rap. La confezione della serie è ottima grazie alla regia esperta di Andrea Molaioli e Piero Messina, e ad una fotografia distorta che vira spesso verso la saturazione delle sfumature di giallo. Se ancora i picchi ottenuti dalla cugina maggiore Gomorra non sono stati raggiunti, Suburra si riconferma come uno dei prodotti italiani più adatti al respiro mondiale.


 


Cesare Bisantis


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