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Love, Death and Robots: interessante la serie antologica animata prodotta da David Fincher e Tim Miller

David Fincher non è mai banale. Dopo aver collaborato con Netflix in veste di regista e produttore per Mindhunter, torna sulla piattaforma di streaming, assieme a Tim Miller (regista di Deadpool), per un progetto ambizioso e visionario. E, per questo, vincente.


Love, Death and Robots è infatti una serie antologica di 18 episodi,  una sorta di raccolta di racconti visiva che renderebbe felice Ray Bradbury: si guarda al futuro, lo si osserva con gli occhi dell’animazione, che ora più che mai reclama il suo status di tecnica realizzativa e non di genere. E, soprattutto, non esclusiva di un pubblico infantile, in quanto (quasi) ogni episodio potrebbe essere vietato ai minori, per tematiche o immagini proposte, che si tratti di violenza o di sesso. C’è anche molto di Black Mirror in questa raccolta di racconti che hanno come filo conduttore le tematiche espresse nel titolo della serie – amore, morte e robot, appunto – ma che differiscono per declinazione e durata, variabile dai 7 ai 17 minuti, oltre che per stile animato, ogni volta differente.


Splatter, fantascienza, poesia, incanto, horror e thriller si incontrano in questa serie coraggiosa e, a suo modo, rivoluzionaria, capace di mostrare come l’animazione sia a tutti gli effetti una soluzione estetica senza limiti, dove l’unico confine è la creatività dell’autore, in questo caso degli autori che decidono di mostrare universi distopici, talvolta dai rivolti comici e grotteschi, ma più spesso apocalittici, dove lo spazio per la meraviglia c’è, ma è una dimensione effimera comunque destinata ad un retrogusto amaro. Non mancano le riflessioni ambientaliste, come in Three Robots, che tanto ricorda Wall•E, o anche in La discarica, Oltre Aquila, che richiama alla memoria Matrix, e L’era glaciale, dove animazione e live action si incontrano, quando una coppia trova una civiltà in evoluzione all’interno del proprio freezer. Si rimane affascinati e piacevolmente stupiti passando da un episodio all’altro, visivamente impressionanti nella loro diversità, e con trame quasi sempre solide e convincenti: piccole pillole di sci-fi.


Tra gli episodi migliori, oltre a Three Robots, Oltre Aquila e L’era Glaciale, trovano sicuramente posto anche Il dominio dello yogurt, dove si immagina un futuro in cui yogurt senzienti prenderanno il potere, gli esteticamente eccellenti La notte dei pesci e Zima Blue, arrivando ad Alternative storiche, in cui la piattaforma Multiversity regala 6 scenari possibili nel caso in cui Adolf Hitler fosse morto prima dell’avvento del nazismo.


In generale, comunque, si respira un clima cupo, un’atmosfera quasi apocalittica in cui il lieto fine non trova spazio, ma chi conosce Fincher sa che è questo il genere di racconto che lo affascina e attira la sua attenzione. Scorre tutto rapidamente, episodio dopo episodio, arrivando all’ultimo, La guerra segreta, con negli occhi un senso misto di confusione e stupore, consci di trovarsi di fronte ad un’opera imperfetta e non sempre riuscita, ma meritevole di attenzione, in cui i registi di ogni racconto e i due produttori hanno avuto il grande merito di osare. E il loro coraggio è stato ampiamente ripagato.


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