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Milano Film Festival 2016 – Banksy e i terroristi dell'arte

Cosa accomuna “Il Pensatore” di Rodin e “The Drinker”, statua spuntata nella piccola piazza londinese Shaftsbury Avenue nel 2003? Perché c’è un un cono segnalatore ? E soprattutto, cos’ha portato la statua a tramutarsi in “The Stinker”?

Lo scoprirete nel documentario The Banksy Job, scritto e diretto da Ian Roderick Gray e Dylan Harvey. La storia, sviluppata nell’arco di più di dieci anni, coinvolge lo street-artist senza volto Banksy, una crew di cosiddetti terroristi dell’arte e il loro leader Andy Link alias AK-47, sguaiato e irriverente uomo di mezza età con un passato da pornoattore e produttore.

Casus belli: AK-47 compra una stampa di Banksy non autografata (dunque più economica), sperando che quest’ultimo possa firmarla: in risposta ottiene l’invito a non essere un “cheap Northern bastard”. L’affronto è troppo grande, il collettivo che nel suo Manifesto mostra la frase “Noi rifiutiamo l’assunto della civiltà di oggi, specialmente l’importanza del possesso materiale” decide deliberatamente di rapire The Drinker alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti, e piazzarlo nel giardino di casa.

Intervallato dalle opinioni di esperti d’arte e curatori di museo, il documentario mantiene un tono ironico, dissacrante e totalmente folle. E la morale ce la regala il protagonista AK-47: «If you do things in the name of art, you can get away with murder».

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