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Tra Ridley Scott, Ermanno Olmi e Paul Verhoeven: l'attore Rutger Hauer si racconta al Trieste Science + Fiction Festival

Ieri sera, all’interno della cornice del Trieste Science + Fiction Festival è stato conferito il Premio Urania d’Argento alla carriera a Rutger Hauer, l’attore olandese divenuto celebre per la sua interpretazione in Blade Runner di Ridley Scott, dove affermava di aver visto cose che noi umani…

Effettivamente l’interprete ha alle spalle una carriera prolifica, con oltre ottanta film all’attivo e collaborazioni con svariati registi. Durante la conferenza stampa organizzata dal Festival, Hauer ha parlato di tutto questo. Ecco il resoconto della chiacchierata a cui eravamo presenti.

Ha avuto modo di prendere parte a progetti molto differenti tra loro, tra grandi produzioni e film indipendenti. Ci sono delle differenze nell’approccio a queste opere?

No, non direi. Io sono un attore, e per un attore ogni film è diverso dal precedente e dal successivo, ogni regista è diverso, lo script è diverso e non mi interessa sapere se il budget è maggiore o minore: ho la fortuna di lavorare in un settore in cui ogni giorno non sarà mai uguale a nessun altro. Se invece vogliamo parlare di cosa mi suscita più interesse allora in quel caso sì che prediligo i film indipendenti dove i temi e i rischi che si corrono sono sicuramente più intraprendenti che altrove. Le grandi produzioni nascono per fare soldi al botteghino, quindi si basano su degli impianti sicuri e precisi che mi suscitano meno interesse anche se comprendo le ragioni per cui vengono continuamente prodotti.

Come si inserisce Blade Runner in questo discorso?

Blade Runner non nasce come blockbuster, pensate che durante i primi giorni di ripresa non conoscevamo nemmeno il titolo del film. 25 anni dopo, per celebrare l’anniversario della pellicola, hanno provato a mettere in circolazione il director’s cut e fu un flop totale. Questo a dimostrazione del fatto che effettivamente quel film non ha mai avuto il potenziale commerciale. È stata proprio questa la sua fortuna, altrimenti il valore artistico non sarebbe mai emerso come invece è successo.

Come è nata la collaborazione tra lei e Ridley Scott?

Scott mi fece un’offerta senza nemmeno provinarmi. Ho letto la sceneggiatura e l’ho incontrato a Parigi per discuterne. In quell’occasione gli chiesi cosa si aspettasse dal mio alieno e lui mi disse che voleva un’interpretazione umana. Tutti si aspettavano da lui qualcosa di strabiliante in quanto lo reputavano un regista dalla tecnica eccelsa. Eppure lui voleva mostrare il suo lato più sensibile ed emotivo, così spinse molto su queste caratteristiche per il film.

Nella sua carriera ha avuto modo di lavorare anche con un grande regista italiano quale Ermanno Olmi, ci può raccontare qualcosa a riguardo?

Ermanno è un regista molto sensibile. Tutto ciò che vuole esprimere e raccontare lo racchiude in ogni singolo frame. In qualche modo è come se spiasse la realtà attraverso la finzione (non dimentichiamoci mai, infatti, che il cinema è esclusivamente finzione!). Lo considero un vero maestro, qualcuno da osservare con scrupolo durante il lavoro per imparare sempre qualcosa in più.

Con Paul Verhoeven invece come andò?

Io e Paul abbiamo girato assieme cinque film e una serie televisiva. Lui è un regista molto testardo, ha un’idea precisa in testa e finchè non gli riesce non cede il passo nemmeno di un millimetro. In ogni film su cui abbiamo lavorato, non mi ha mai dato per scontato e non ha mai chiesto di me in prima persona, sono sempre stato io a farmi avanti. Questo per sottolineare nuovamente quanto fosse preciso e attento.

Ha qualche genere cinematografico che predilige rispetto ad altri?

No, io interpreto dei personaggi, non mi interessa il mondo che li circonda.

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