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Roma di Alfonso Cuarón è il candidato del Messico per gli Oscar 2019

Dopo aver vinto il Leone d’oro a Venezia, l’acclamato dramma autobiografico in bianco e nero di Alfonso Cuarón, Roma (qui la nostra recensione)comincia la sua corsa gli Oscar .

Venerdì scorso, infatti, il Messico ha selezionato il film come suo candidato per la nomination all’Oscar al miglior film straniero.

Cuarón ha fatto storia nel 2014, quando è diventato il primo regista di origini messicane a vincere un Oscar come miglior regista per il suo thriller spaziale Gravity. Successivamente, i suoi connazionali e amici di lunga data, Alejandro G. Iñárritu (The Revenant) e Guillermo del Toro (The Shape of Water) hanno poi trionfato anch’essi agli Academy Awards.

Nonostante i risultati individuali dei Tre Amigos, come sono conosciuti Cuarón, del Toro e Iñárritu, il Messico non ha mai portato a casa un Oscar per il miglior film in lingua straniera. Dalla metà degli anni ’50, il paese ha ottenuto otto nomination nella categoria, tra cui il dramma Biutiful di Iñárritu nel 2010 e Il labirinto del fauno di del Toro nel 2006.

Stavolta sembrano però altissime le chances di farcela, e per il paese è senz’altro un’occasione importante.

Il film ha avuto una release limitata in sala in Messico per una settimana ad agosto (l’uscita nel paese natio è condizione necessaria per correre agli Oscar), arriverà su Netflix il 14 dicembre e lo si vedrà in qualche sala anche in America, con un’uscita theatrical limitata.

Di seguito la sinossi del film e l’inizio della nostra scheda.

Città del Messico, anni Settanta. Cleo (Yalitza Aparicio) è una giovane domestica che si prende cura della dimora e dei bambini di una famiglia che vive nel borghese quartiere di Roma. I cambiamenti però, sia sociali che individuali, sono dietro l’angolo e l’impatto con il futuro potrebbe non essere ottimale.

Cinque anni dopo il successo di Gravity (2013), Alfonso Cuarón torna dietro la macchina da presa per realizzare un progetto diametralmente opposto. Roma è infatti un film intimo e personale, ambientato negli anni della giovinezza del regista, privo di un cast di richiamo e girato in un bianco e nero folgorante, che sposa alla perfezione il ritmo e l’estetica di un progetto fortemente autoriale e decisamente lontano dai gusti del grande pubblico. 

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