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"Una serie di sfortunati eventi": dopo il western, con "L'Ostile Ospedale" l'omaggio è all'horror

Arrivata all’8° libro, L’Ostile Ospedale, Una serie di sfortunati eventi esce definitivamente dallo schema narrativo dei capitoli precedenti, anche perché ormai molte carte sono state scoperte e vi sono novità interessanti (nel bene e nel male) che riguardano i tre fratelli Baudelaire. Innanzitutto, sui giornali è notizia da prima pagina il fatto che il Conte Olaf sia defunto – chi ha visto Il Vile Villaggio conosce l’origine di questo fraintendimento – e, soprattutto, pare che gli assassini siano proprio Violet, Klaus e Sunny, ora ricercati come pericolosi criminali. I Baudelaire trovano rifugio all’ospedale Heimlich, dove ad accoglierli ci sono i Volontari Festaioli – V.F. ancora una volta – ma anche il Conte Olaf, pronto a presentarsi sotto le vesti del dottor Facoltà di Chirurgia.



Allan Arkush, cui è affidata la regia di questa coppia di episodi, prova a sfruttare l’ambiente ospedaliero per tentare di coniugare l’horror alla dark comedy per ragazzi, con omaggi evidenti a Shining e IT (le signore per mano con i palloncini rossi), oltre a tutta la filmografia su dottori pazzi ed esperimenti umani in cliniche segrete: il gioco funziona, ma alla lunga finisce per perdere in efficacia e stancare. Sicuramente il cambio nello schema narrativo giova all’intreccio, che vede Olaf approfittare della sua posizione di finto defunto per poter entrare indisturbato nell’ospedale e travestirsi a suo piacimento: Neil Patrick Harris continua a divertirsi e a divertire, anche se non sempre risulta all’altezza delle aspettative. Tuttavia, il mistero intorno a V.F., o VFD, si infittisce e si arricchisce di nuovi dettagli, di nuove domande cui dare risposta: perché la zuccheriera di cui parla Esmé è così importante? E la Beatrice che gliel’ha rubata è la stessa persona cui sono dedicati i messaggi all’inizio di ogni coppia di episodi?



L’Ostile Ospedale purtroppo vive di un ritmo eccessivamente altalenante: capace di regalare colpi di scena e sequenze di buona fattura, non sempre conferma quanto di buono è stato mostrato, risultando invece prevedibile. La prima parte resta comunque molto convincente, con trovate ottime e soluzioni visive intriganti: nella seconda, tuttavia, c’è un calo da cui ci si riprende solo parzialmente nel finale.


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