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The Alienist: incontro convincente di psicologia, azione e spiritualità

“Questa città sta cambiando, tra quattro anni entreremo nel 20° secolo e New York è pronta a diventare la potenza economica più grande che il mondo abbia mai visto”


Nella Grande Mela del 1896 si svolgono quindi le indagini per riuscire a scoprire chi sia il serial killer di bambini che sta seminando terrore e orrore in tutta la città. Per farlo, il commissario Theodore Roosevelt (Brian Geraghty) affida il caso all’alienista Lazlo Kreisler (Daniel Brühl), in collaborazione con l’illustratore John Moore (Luke Evans) e con la prima donna ad essere entrata in un distretto di polizia, Sara Howard (Dakota Fanning). Questa la trama di The Alienist, un intreccio Crime chiamato a distinguersi dalle tante produzioni di genere che hanno visto la luce negli ultimi anni e che, grazie ad un discreto lavoro in sede di sceneggiatura e fotografia, sembra aver trovato la chiave giusta per un successo che non abbia il sapore di déjà-vu.



In primis, il trio di protagonisti funziona perfettamente, ognuno con i suoi sogni, i suoi traumi, le sue aspirazioni. Eppure, i tre sono prima di tutto umani, emotivamente fragili e con fantasmi dal passato che non sempre sono facili da affrontare: sicuramente l’omonimo romanzo di Caleb Carr, da cui è tratta la serie, è stato un ottimo punto di partenza per una caratterizzazione così convincente, che le prove d’attore dei protagonisti hanno contribuito a migliorare ulteriormente. Inoltre, The Alienist si dimostra terreno fertile per l’incontro tra scienza e religione, tra Fede e fanatismo, e stupisce come si prenda una piega sempre più spirituale con il passare degli episodi, arrivando a vere e proprie riflessioni di carattere etico e religioso. Spiritualità, psicologia, azione e detective story si incontrano in quest’opera capace di mutare forma, di alternare un ritmo forsennato ad attimi di quiete riflessiva, per lasciare spazio ad una fotografia di dettagli, anche se l’approfondimento psicologico e gli spunti di riflessione non sempre risultano del tutto soddisfacenti.


New York è un’ottimo teatro in cui ambientare gli eventi, una città dove già è stato piantato il seme della corruzione, dove i poteri forti cercano di nascondere verità scabrose e dove l’omertà regna sovrana, a tutti i livelli: una città in cui il Vitascope regala agli spettatori le prime proiezioni di cinema, ma che allo stesso tempo è ancora ferma e ancorata ad un passato da cui è difficile liberarsi. Progresso e tradizione, scienza e fede, eros e thanathos: si ragiona a coppie, pur uscendo dalla logica del partner investigativo per favorire un trio che risolva il caso.


 


The Alienist, a conti fatti, è un intrattenimento intriso di simbolismi e di riferimenti psicologici, in cui affonda le sue radici, che partono dall’omicidio di un bambino per andare a scavare nell’intimo di ciascuno dei personaggi principali. Niente di rivoluzionario, dunque, ma meritevole di attenzione.


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