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The Hateful Hate: gli elaborati dei partecipanti al workshop su Quentin Tarantino

Al termine del workshop su Quentin Tarantino che LongTake ha tenuto presso il MIC – Museo Interattivo di Cinema lo scorso marzo, i partecipanti hanno analizzato alcune delle sequenze più importanti presenti nelle opere dell’autore statunitense. Ecco di seguito i contributi di chi ha voluto partecipare:

GRETA PASSERI

Reservoir Dogs, analisi della sequenza iniziale


1992. Sundance Film Festival. Un ventinovenne e pressoché sconosciuto Quentin Tarantino debutta nel mondo cinematografico mettendo subito in chiaro la sua poetica. Inizialmente appassionato di recitazione diventa poi sceneggiatore: da questa combinazione deriva la sua attenzione per la narrazione e la conseguente importanza che ricoprono i dialoghi in tutta la sua filmografia. Questa caratteristica tarantiniana si può constatare subito nei sette minuti iniziali della sua prima opera Reservoir Dogs. Uomini sboccati, quasi tutti vestiti in abito nero con camicia bianca, discutono di argomenti frivoli: sesso, canzoni, cameriere e mance. Niente di importante per lo svolgimento della trama, che, nonostante questo, tiene noi spettatori incollati allo schermo. Il film inizia ancora con i titoli di testa che scorrono, non vediamo ma sentiamo dei rumori, un bar affollato, una voce fuori campo che dichiara di voler spiegare il significato della canzone “Like a Virgin” di Madonna. Subito dopo ci vengono mostrati degli uomini attorno ad un tavolo. I movimenti di macchina sono lenti, sinuosi, sembrano quasi danzare alle spalle dei personaggi, impedendoci di vederli con chiarezza, tenendo parte dello schermo nero. Tarantino sta liberamente giocando, tramite questo “vedo-non vedo”, con la nostra curiosità. Proviamo una sorta di estraneità nei confronti di questo strano gruppo, non sappiamo chi sono, non sappiamo come mai sono lì e non sappiamo cosa stanno per fare. In tutta questa grande e apparente inutilità, Tarantino, in modo geniale e raffinato, svela alcune dinamiche della “gang”: il capo è Joe, Mr. Pink è un egoista, Mr. White non è intimorito da Joe; Mr. Blue è schivo e zitto; Mr. Brown, lo stesso Tarantino, è estremamente logorroico. Abbiamo un quadro quasi completo. Tornano i titoli di testa, il gruppo esce dalla tavola calda sulle note di “Little Green Bag” dei George Baker Selection. Siamo pronti, curiosi di scoprire cosa faranno questi “cani da rapina”. Siamo entrati, in modo disinvolto, senza rendercene conto, nel loro mondo e di conseguenza in quello di un regista che diventerà un caposaldo della cinematografia.

 

LAURA PIGNOTTI
Pulp Fiction

Siamo sulla macchina di Vincent Vega e Jules Winnfield che stanno trasportando Marvin. Mentre i due guidano, discutono sul presunto miracolo divino che, secondo Jules, gli avrebbe salvato la vita nella scena precedente: infatti, i due gangster erano riusciti a scampare da plurimi colpi di arma da fuoco. La scena del viaggio in macchina è una delle scene più importanti del cinema tarantiniano: è capace di cucire assieme l’ironia tagliente che trasforma una scena tragica, vedasi la scena precedente dell’iniezione alla moglie di Marsellus, in uno sketch divertente, lo splatter caratteristico del regista e l’amore per i dialoghi. La situazione è paradossale: due gangster armati che trasportano un sopravvissuto e che parlano di miracoli divini e redenzione. Tarantino strizza l’occhio allo spettatore e lo fa sorridere. Una scena che in meno di un minuto riesce ad arrivare al climax (la velocità è un’altra caratteristica tarantiniana) rivelando l’amore per gli omicidi sanguinosi dello sceneggiatore. La faccia di Marvin, infatti, si “spappola” letteralmente fra l’incredulità dei due criminali, il grilletto viene accidentalmente premuto proprio nel momento in cui Vincent sta pronunciando le parole “Secondo te è sceso Dio in persona…” una frase scelta accuratamente in modo da risultare ossimorica rispetto a quello che succede. Successivamente, vediamo i vestiti iconici dei due macchiati di sangue: il rosso ritorna padrone della sequenza come d’abitudine nei film di Tarantino e la reazione dello spettatore è quella di ridere nonostante la brutalità della scena, a cui, però, un fan del regista dovrebbe essere abituato. La maestria si Tarantino si rivela in tutta la sua forza in questi minuti decisivi che caratterizzano con precisione la linea registica dell’autore.

 

MATTEO SISTI
Bastardi senza gloria (2009): Il meta-cinema tarantiniano

Tarantino sa giocare alla perfezione col sistema cinema in quanto tale, unendo alle sue creazioni personali citazioni visive, e talvolta anche sonore, di film che hanno fatto la Storia del Cinema. BASTARDI SENZA GLORIA-INGLORIOUS BASTERDS è già nello stesso titolo omaggio al passato, in quanto prende spunto dal titolo inglese di QUEL MALEDETTO TRENO BLINDATO (THE INGLORIOUS BASTARDS, Enzo G. Castellari, 1978), cambiandone solamente l’ultima vocale: il cinema di Tarantino è sovente anche ludico, e divertendosi nel creare diverte anche lo spettatore, persino con la violenza resa ironica e piacevole accostandole musica spesso dissonante, come in LE IENE nella scena in cui Mr. Blonde, nel tagliare l’orecchio durante la tortura al poliziotto prigioniero della sua banda, danza a ritmo di musichetta rock orecchiabile, e noi finiamo quasi per simpatizzare con lui. Nei BASTARDI, grandiosa prima rivisitazione storica – seguita poi in una ideale trilogia da DJANGO UNCHAINED e THE HATEFUL EIGHT – il meta-cinema tarantiniano trova il suo apice, in quanto è proprio il cinema a diventare arma di vendetta contro il genere umano nazista. Siamo a poco più di un’ora di film (1:01) e Shosanna Dreyfus – Mélanie Laurent entra nel suo cinema di Parigi, di cui è divenuta proprietaria sotto falso nome dopo essere scappata dalla campagna francese, dove ha visto la sua famiglia sterminata. Le circostanze le sono favorevoli: un soldato tedesco infatuatosi di lei vuole portare i soldati nazisti nel suo cinema per una serata speciale all’insegna della celebrazione di sé stesso e del suo paese – lo stesso Hitler presenzierà. Shosanna spiega la sua vendetta al fedele Marcel, suo innamorato…e s’inserisce nella storia un documentario storico sulle pellicole cinematografiche: il nitrato d’argento con cui in origine le pellicole erano formate era altamente infiammabile (“…non si poteva portare nemmeno una pizza sul tram…brucia tre volte più velocemente della carta…”), e Shosanna possiede una collezione di oltre 350 film 35 mm in nitrato. Tarantino conosce bene le pellicole, essendo uno dei pochi registi in attività ancora ad utilizzarle, e in modo magistrale, tanto da aver riportato in pista anche il 70 mm formato panoramico per il suo ultimo film THE HATEFUL EIGHT, rendendo l’evento della proiezione in alcune sale speciali in grado di farlo, sparse nel mondo, e solo per alcuni giorni, un fenomeno. mediatico…Il cinema in Tarantino diventa letteralmente esplosivo…

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