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"Una vita tra parentesi", la mostra dedicata a Marcello Mastroianni

I musei non […] mi piacciono, mi annoio. Il mio grande museo è proprio lì dove mi porta il cinematografo.”

Si sarebbe forse ricreduto “Marcellino”, come talvolta lo chiamava Fellini con la sua “aria da incantatore”, facendosi un giro per le stanze della mostra romana a lui dedicata, dal titolo Una vita tra parentesi.

Allestita presso il museo dell’Ara Pacis, dal 26 ottobre al 17 febbraio, coprodotta e curata sapientemente dalla Cineteca di Bologna, è una ricchissima esposizione di foto, scritti, cimeli, costumi, che ricostruiscono una carriera straordinaria dal debutto con Freda ne I miserabili al sodalizio con Fellini: più di cento film tra gli anni ‘40 e ‘90 e prestigiosi riconoscimenti internazionali per un attore che fu comico, drammatico, sperimentale.

Di grande efficacia il doppio binario cronologico e intimo su cui tutta la mostra si sviluppa: si apprendono le tappe della carriera dell’icona, entrando in totale contatto emotivo con l’uomo.

Nel settembre ‘96 in Portogallo la compagna Anna Maria Tatò dirige il film testamento dal titolo Mi ricordo, sì, mi ricordo: la voce di Mastroianni, magicamente diffusa per le stanze della mostra, ne rappresenta il filo conduttore, il cuore stesso.

Questa magica combinazione di suggestioni e racconti, suggerisce una perfetta visione integrata della vita di Mastroianni e un intimo dialogo interiore, con l’artista e con se stessi.

Lasciandosi alle spalle la prima stanza e i personaggi della sua “mitologia” con il ticchettio dei passi di Fred Astaire che balla a grandezza naturale, si accede ai ricordi di famiglia.

Accanto alla sua posa espressiva da bambolotto in scarpe lucide, le foto dei genitori, dei nonni, dei fratelli, della casa di Fontana Liri in cui passava il Natale, gli atti originali di nascita e morte, e alcuni lavori e opere d’arte dei familiari, tutti artigiani, disegnatori, artisti.

 

“Doppia vita tra cinema e teatro” è il titolo della quinta tra le stanze in cui si sviluppa il percorso, raccontando l’amore per il teatro, a cui approdò entrando per la “Porta d’oro” aperta da Visconti. Proiettato a parete, “Marcello e l’indolenza”, il frammento di un’intervista al maestro neorealista, definisce alcuni tratti della personalità dell’attore, con spirito paterno di chi ha potuto comprenderne l’animo.

La sua nota indolenza era per Visconti eredità di “un’antica razza” e una difesa da “sensitivo”. Un vecchio telefono a gettoni al centro di una parete vuota racconta con un pizzico di ironia l’unico “difetto” di Mastroianni: le continue telefonate per cui Visconti lo mandava a chiamare di continuo. Sempre disponibile, cercava ancora una volta di scaricare la tensione emotiva impressa sulla scena.

Il legame con Fellini, “complice pigmalionico”, si coglie anche attraverso le quattro pagine del “Libro dei sogni”, in cui il maestro racconta con testi e disegni i quattro sogni in cui ha sognato l’amico.

Nell’ultima stanza anche alcuni tra i prestigiosi premi: Il Leone d’Oro alla Carriera, il David di Donatello, la coppa Volpi, il Premio Marcello Mastroianni, Il Premio Cèsar onorario, Il Felix, emozionano e invitano a sognare, ad avere “nostalgia del futuro”.

Certamente più amari i toni dell’ultimo frammento di intervista che chiude la mostra. Umile e spontaneo affronta l’esperienza del dolore e cita l’universale racconto di Kafka sullo sgomento umano di fronte alla brevità della vita.

Il “prossimo villaggio” è davvero più vicino di quanto sembri da giovani e “la cavalcata è davvero breve, brevissima!”.

 

 

Maria Palombella

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