Il nastro bianco
Das weiße Band – Eine deutsche Kindergeschichte
2009
Paesi
Austria, Francia, Germania
Genere
Drammatico
Durata
144 min.
Formato
Colore
Regista
Michael Haneke
Attori
Christian Friedel
Leonie Benesch
Ulrich Tukur
Ursina Lardi
Un filo teso fa cadere cavallo e destriero; un granaio si incendia; una donna muore mentre sta lavorando; il figlio bello e biondo di un barone e quello deforme di una vedova vengono seviziati. Sotto un manto di fervore religioso, di ipocrita perbenismo e di cieca e muta obbedienza, a un gruppo di pargoli viene imposta una rigida educazione basata su una matrice conservatrice. Schiacciati da ferree regole, punizioni, umiliazioni e vessazioni, i bambini considerati innocenti portano al braccio un nastro bianco, premio e simbolo di purezza. Diventeranno, allo stesso tempo, fragili vittime e pericolosi carnefici.

Il (nastro) bianco caratterizza i bambini del villaggio come esseri immacolati e incapaci di qualsiasi forma di “sporcizia morale”. In realtà proprio dentro di loro vi è la forma di iniquità peggiore: il germe della violenza e del nazismo che verrà. Il nastro bianco sembra quasi un trattato filosofico: Haneke (come sempre) mostra pochissimo e lascia intendere molto sulla società, in divenire, che vuole rappresentare. La grande ambizione contenutistica del film viene accompagnata dalla fotografia memorabile di Christian Berger (nominato all'Oscar nel 2010): raggelante, magniloquente, solenne. Un bianco e nero splendido, unito a una regia sempre precisa fin nei minimi movimenti, rendono la pellicola un'opera esteticamente eccelsa, tra i migliori risultati del geniale regista di Funny Games (1997) e Niente da nascondere (2005). La freddezza estrema della fotografia, e del film in generale, crea però una sorta di barriera nei confronti di uno spettatore che fatica a entrare fino in fondo nella vicenda: si rimane a bocca aperta più per le immagini magnifiche che per la scoperta che, dietro a quei volti candidi, si nascondono i carnefici della Germania del futuro. Haneke, con Il nastro bianco, porta a termine il personale percorso di rivelazione del male, che ha toccato ogni sua pellicola, da Benny's Video (1992) fino a Il tempo dei lupi (2003), dimostrando che la crisi d'identità di cui l'uomo è spesso vittima può avere origine semplicemente da uno stato mentale contorto, in grado di segnare per sempre una nazione e un'epoca intera. Vincitore della Palma d'oro a Cannes nel 2009 e del Golden Globe come Miglior film straniero nel 2010.
Maximal Interjector
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