Il camionista Lincoln Hawks (Sylvester Stallone), a causa di un rapporto burrascoso con il ricco suocero (Robert Loggia), è stato costretto ad abbandonare la moglie Christina (Susan Blakely) e il figlio Michael (David Mendenhall). Dopo dieci anni, Lincoln ha l'opportunità di riallacciare i rapporti col figlio e partecipare a un importante torneo di braccio di ferro. Muscoli, orgoglio, caduta e (inevitabile) risalita in un drammone familiare fondato sul rapporto padre/figlio, con al centro la disciplina del braccio di ferro. Forza bruta e lacrimuccia convivono in un pacchiano ma, a suo modo, godibile prodotto di serie B tipicamente a stelle e strisce, in cui tutto è superficiale e retorico, in maniera perlomeno genuina. Uno Stallone d'annata al limite del kitsch (che acquista forza girando l'ala dello sgualcito cappellino) sale in cattedra come il definitivo macho dal cuore tenero, pronto a far pulsare le vene e a zampillare sudore per ottenere il tanto desiderato riscatto personale. Il sentimentalismo più facile lascia il posto, nell'ultima mezz'ora, alla sfida ai tavoli del braccio di ferro, variante meno violenta dei tanti incontri della saga di Rocky. Una parabola scontata all'inverosimile, apprezzabile solo a cervello spento.