L'iraniano Ahmad (Ali Mosaffa) torna a Parigi per divorziare da Marie (Bérénice Bejo). Lei è ora legata a Samir (Tahar Rahim), mal tollerato da sua figlia Lucie (Pauline Burlet). La serenità di tutti è messa a dura prova dai ricordi e dai segreti del loro passato: in particolare, Samir e Marie devono fare i conti con il fatto che la moglie di lui è in coma per un tentato suicidio. A due anni dallo straordinario successo di critica di Una separazione (2013), premiato con l'Oscar come miglior film straniero, Asghar Farhadi ha la possibilità di girare il suo primo film fuori dai confini iraniani. Dalla contraddittoria Teheran a una Parigi insolita e multietnica il passo è breve, perché ciò che interessa il regista è scavare nel profondo delle emozioni umane e dei rapporti interpersonali; temi che, scevri dalle analisi sociopolitiche dei film precedenti, svelano tutta la loro universalità. Attraverso dialoghi densissimi (non a caso, la formazione di Farhadi è teatrale) si snoda un sottile e complesso gioco di verità nascoste, menzogne, rimossi e sensi di colpa, svelato a poco a poco con l'inesorabilità di un serrato dramma borghese. L'autore conferma il suo sguardo sensibile e la capacità di dirigere gli interpreti come se vivessero davvero le sensazioni dei loro personaggi: sublime il trio Mosaffa-Bejo-Rahim, bravissima la giovane Burlet, magistrale il lavoro sugli attori bambini. Elegantissimo, intenso e formalmente ineccepibile. Presentato in concorso al 66° Festival di Cannes, il film ha conquistato il premio per la miglior attrice, vinto da Bérénice Bejo.