I sette peccati capitali
Les sept péchés capitaux
1952
Paesi
Francia, Italia
Generi
Drammatico, Commedia
Durata
148 min.
Formato
Bianco e Nero
Registi
Eduardo De Filippo
Claude Autant-Lara
Carlo Rim
Yves Allégret
Roberto Rossellini
Jean Dreville
Georges Lacombe
Attori
Gérard Philipe
Eduardo De Filippo
Paolo Stoppa
Isa Miranda
Michèle Morgan
Françoise Rosay
Henri Vidal
Claudine Dupuis
Jean Richard
Viviane Romance
Frank Villard
Francette Vernillat
Orfeo Tamburi
Andrée Debar
Noël-Noël
Jacqueline Plessis
Sei episodi. In un luna-park un imbonitore (Gérard Philipe) invita gli astanti a giocare al gioco dei sette peccati capitali. In Avarizia ed ira (Eduardo De Filippo) un povero uomo (De Filippo) è vessato dal suo padrone di casa (Paolo Stoppa), a sua volta alle prese con la moglie isterica (Isa Miranda); ne La superbia (Claude Autant-Lara) la nobile decaduta Anna Maria (Michèle Morgan) decide di partecipare a un ballo d'alta società malgrado il parere contrario dell'anziana madre (Françoise Rosay); in La gola (Carlo Rim) un uomo (Henri Vidal) rimasto in panne con la sua auto viene ospitato da alcuni contadini che producono un formaggio eccezionale; in La lussuria (Yves Allégret) una tredicenne (Francette Vernillat) è erroneamente convinta di essere incinta dell'amante (Frank Villard) della madre (Viviane Romance); in L'invidia (Roberto Rossellini) una donna (Andrée Debar) non riesce a sopportare che suo marito (Orfeo Tamburi) riservi più attenzioni al suo gatto che a lei; in La pigrizia (Jean Dreville) il direttore (Noël-Noël) dell'accettazione per l'ingresso in paradiso deve fare i conti con un'umanità sempre più indolente. Una co-produzione italo-francese sui sette peccati capitali innocua, quasi mai graffiante o quanto meno interessante, e per lo più poco ispirata. L'episodio migliore, o perlomeno il meno bozzettistico e svogliato, è quello firmato da De Filippo, messo in scena con un riuscito e originale taglio neorealista e sorretto da un cast azzeccato. Ma il resto del film ondeggia tra il retorico e l'insignificante, confezionato sbrigativamente e senza una sostanziale coerenza interna. Particolarmente sottotono l'episodio firmato da Rossellini, che ripropone uno dei topoi del suo cinema (l'incapacità di amare gli animali che è foriera di un'incapacità di amare gli uomini) ma in modo superficiale e poco brillante. Convenzionale e banale, la pellicola, malgrado riunisca alcune delle più importanti firme del periodo, regala pochissimi guizzi d'inventiva, scivolando spesso e volentieri nel patetismo più deleterio quando non nella noia e nella ridondanza. Gli spezzoni di collegamento tra i vari episodi sono diretti da Georges Lacombe.
Maximal Interjector
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