T2 Trainspotting
T2 Trainspotting
2017
Paese
Gran Bretagna
Genere
Drammatico
Durata
117 min.
Formato
Colore
Regista
Danny Boyle
Attori
Ewan McGregor
Robert Carlyle
Steven Robertson
Ewen Bremner
Shirley Henderson
Jonny Lee Miller
Mark Renton (Ewan McGregor) non si droga più da vent’anni e ha messo su famiglia ad Amsterdam; Sick Boy (Jonny Lee Miller) è alle prese con un giro di escort e con un sistema di ricatti a sfondo erotico; Spud (Ewen Bremner) è ancora vittima della tossicodipendenza; Begbie (Robert Carlyle) è uscito di prigione ma medita vendetta contro Renton.

Ventuno anni dopo Trainspotting (1996), Danny Boyle riprende i personaggi del suo celeberrimo cult movie, invecchiati anch’essi di due decenni, e dirige un sequel a lungo rimandato. Ispirandosi piuttosto vagamente a Porno di Irvine Welsh, seguito letterario dello stesso Trainspotting e romanzo anch’esso firmato dal corrosivo scrittore scozzese, Boyle e il suo fido sceneggiatore John Hodge danno vita a un secondo capitolo piuttosto senile e prevedibile, nonostante le intenzioni di non limitarsi a replicare il precedente o a realizzarne una mera versione postuma. Di fatto, però, T2 Trainspotting non ha nulla della carica scomoda e putrida del capostipite, capace di immortalare lo spirito del tempo, il rimosso degli anni ’90 e le crepe dell’identità britannica in un connubio di effervescenza e destrezza, di irriverenza e amoralità. Tutto è inerme e innocuo, nient’altro che una reminiscenza dei tempi andati, una stanca meditazione su ciò che è stato, sulle fragilità celate dietro la sfrontatezza e la ferocia del passato, dove tutto era volatile e immemore, mentre certe consapevolezze viste con occhi contemporanei non possono che sembrare molto meno granitiche. Se appare piuttosto interessante, sulla carta, la volontà di ritornare sulle orme del film originale producendone una sorta di controcampo maturo, il risultato finale è davvero trascurabile e ripiegato su stesso, oltre che imbolsito e senza guizzi. Anche la confezione è addirittura patinata, se confrontata alla sporcizia ributtante del primo film: la sudicia Edimburgo che fu è qui un fondale anonimo e incolore, incapace di dare sostanza al proprio grigiore. Un sequel di cui non si sentiva il bisogno, privo di lampi onirici e gravato da una sceneggiatura e da un montaggio ridondanti; perfino l’assunzione di eroina è del tutto disinnescata sullo schermo e vanificata sotto il profilo visivo. Approssimativo il finale, con tanto di voragine annessa nella risoluzione dell’intreccio. Il celeberrimo monologo Choose Life è aggiornato alla meno peggio ai tempi di Facebook e Snapchat e Lust for Life ricompare remixata dai Prodigy. Inserito, fuori concorso, nel cartellone della Berlinale 2017 dopo l’uscita in sala in Gran Bretagna.
Maximal Interjector
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