Le valigie di Tulse Luper – La storia di Moab
The Tulse Luper Suitcases, Part 1: The Moab Story
2003
Paesi
Gran Bretagna, Spagna, Italia, Lussemburgo, Olanda, Russia, Ungheria, Germania
Generi
Sperimentale, Grottesco
Durata
127 min.
Formato
Colore
Regista
Peter Greenaway
Attori
JJ Feild
Raymond J. Barry
Michèle Bernier
Valentina Cervi
Caroline Dhavernas
Anna Galiena
Deborah Harry
Steven Mackintosh
Ornella Muti
Prima parte della immaginifica biografia dello scrittore e artista di fantasia Tulse Luper (JJ Feild), nato a Newport nel 1911, suddivisa in tre episodi. Newport: ambientato nel Galles dei primi anni '20, ritrae l'infanzia del protagonista vissuta nel ricordo delle trincee della Prima guerra mondiale. Moab: nel 1934, lo studente universitario Tulse Luper si improvvisa esploratore nel deserto dello Utah, attirando l'attenzione degli abitanti del luogo. Anversa: giunto in Europa, Tulse Luper, impegnato in una rischiosa attività antifascista, si innamora della segretaria Cissie Colpitts (Valentina Cervi) sullo sfondo della sempre più minacciosa invasione nazista. Progetto multimediale titanico e smisuratamente ambizioso che inizialmente doveva comprendere 4 film, 16 episodi di una serie TV, 92 dvd, libri, CD-rom e un progetto internet, sovrapponendo cinema, letteratura e web, Le valigie di Tulse Luper è venuto in realtà alla luce in forma più ridotta (tre film, il sito interattivo "www.tulseluperjourney.com" e i testi d'arte in edizione limitata Tulse Luper in Turin e Tulse Luper in Venice). Greenaway cerca di creare una enciclopedica biografia romanzata che riporti la vita del protagonista (già apparso in diverse sue opere sperimentali precedenti) e, insieme, una visione universale della Storia del '900, trasponendo sullo schermo il processo con cui la mente umana assimila sensazioni, esperienze e ricordi. In una messinscena di pura finzione si alternano sovraimpressioni di testi, fotografie, filmati decontestualizzati, didascalie, omaggi agli albori del cinema, mappe e voci narranti in un parossistico accumulo di nozioni che sembra rispecchiare la volontà di Greenaway di catalogare la sua intera produzione cinematografica. Un'operazione totalmente priva di pathos narrativo che rifiuta coscientemente il favore del pubblico (e, forse, della critica benpensante), un percorso cinematografico costruito a scatole cinesi che apre porte su altri mondi come in un desktop ipertestuale, flirtando con la videoarte. «Un film che ha la freddezza dell'elenco, il rigor mortis di un cadavere nella morgue della sala di proiezione» (Mauro Filippone). Cinema d'avanguardia 2.0. Forse. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
Maximal Interjector
Browser non supportato.