Copenaghen, dopo la Prima guerra mondiale. Karoline (Vic Carmen Sonne) è una giovane operaia incinta che lotta per sopravvivere in un clima di estrema povertà. Un grande aiuto potrebbe arrivarle da Dagmar (Trine Dyrholm), una donna molto carismatica che gestisce un’organizzazione segreta per occuparsi dei figli di madri che non sono in grado di tenerli con loro.

Prendendo spunto da un terrificante fatto di cronaca, Magnus van Horn firma il suo terzo lungometraggio, puntando su un bianco e nero raggelante come la storia che racconta. L’eleganza della messinscena apre a diverse suggestioni, ma la pellicola risulta presto pretenziosa e vittima di numerose forzature che si riscontrano durante il cammino. Il personaggio della brava Trine Dyrholm è una vera e propria incarnazione del male, ma ciò che interessa all’autore è soprattutto raccontare una metafora di un mondo in disfacimento, reduce da un conflitto mondiale dal quale non si risveglierà più identico a prima. L’attenzione rimane alta fino al termine, ma sono troppe le ridondanze e non mancano anche alcuni limiti nella costruzione di personaggi eccessivamente stereotipati. Presentato in concorso al Festival di Cannes 2024.