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Il meglio del Milano Film Festival 2016

È iniziato tutto dieci giorni fa, con occhi disorientati, ci guardavamo, tra di noi e intorno, provando quel sentimento agrodolce tipico delle novità. I giorni passano, la fisionomia delle persone e la geografia degli spazi comincia ad incidersi nel cervello, il contesto del Milano Film Festival si tramuta, silenziosamente e con naturalezza, in una quotidianità intensa e potente.

Ma lo sguardo cerca sempre il cuore delle cose e, tutti questi giorni, ha puntato soprattutto in una direzione, quella degli alti schermi bianchi, del mare di sedie, delle luci che si spengono: immagini di documentari si imprimono sulla retina, storie che hanno fatto il giro del globo ci riempiono le giornate, le parole dei registi ci forniscono, inconsapevolmente, prospettive innovative.

Uniche conseguenze: lenti a contatto difficili da scollare e occhiali da vista da mettere sul naso più spesso, ma se ci chiedeste se ne sia valsa la pena, non avremmo bisogno neppure di pensarci.

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Questi dieci giorni di festival sono stati importanti per avvicinarci e apprezzare generi cinematografici che non siamo abituati a esplorare, pellicole fresche di registi spesso esordienti: questi sono i tre lungometraggi in concorso che ci hanno fatto innamorare ognuno per motivi completamente diversi. Di Gulîstan, film di apertura del festival, abbiamo apprezzato il coraggio di filmare fedelmente una realtà contemporanea così importante e cruenta; di Baden Baden, film francese, ci è piaciuta la raffinatezza e l’introspezione del mostrare quanto possa essere difficile, in una vita ordinaria, fare pace con sé stessi e con le proprie scelte; infine, Jacqueline ci ha colpito per la capacità di stupire e interessare lo spettatore presentando in termini documentaristici una storia di pura finzione.

Balcony

Dalla redazione di Long Take abbiamo anche scelto di selezionare i tre cortometraggi che più degli altri ci hanno colpito. Il primo che abbiamo deciso di evidenziare come favorito per la premiazione finale è Balcony, diretto da Toby Fell-Holden.

«Non giudicare sbagliato ciò che non conosci, cogli l’occasione per comprendere» (Pablo Picasso).

Non sappiamo se il regista si sia ispirato a questa frase per scrivere il suo corto; sappiamo però che il contenuto di Balcony si avvicina senza dubbio al messaggio che il pittore andaluso voleva esprimere. Immerso nel mondo adolescenziale inglese, Holden racconta una storia a tutto tondo, incastonata alla perfezione nel contesto sociale contemporaneo. L’autore non perde di vista nessun particolare e in 17 minuti mostra un mondo “sotterraneo” fatto di malvagità e preconcetti, capovolgendo l’apparente perfezione del modello giovanile inglese. Il regista punta quindi il dito contro la società dove dilaga il cancro del pregiudizio nei confronti del diverso.   

Il secondo, da noi reputato uno dei favoriti, è Good News di Giovanni Fumu.

Prima o poi arriva il momento della vita in cui dobbiamo scontrarci con qualcosa più grande di noi. Qualcosa che vorremmo saper gestire, ma non ne troviamo il coraggio o semplicemente non possediamo la maturità necessaria. Implicitamente, Good news, vuole dirci proprio questo. Tramite la sventura di una giovane coppia coreana, il film mostra lo scontro tra due mondi: uno spensierato e adolescenziale contro uno adulto e reale fatto di decisioni e responsabilità. Quando queste due realtà collimano esce fuori il vero carattere dell’essere umano. Il film di Fumu analizza questo concetto in pochi minuti, portando sul grande schermo un dramma capace di far riflettere ognuno di noi.  

Infine il terzo titolo selezionato dalla redazione è il particolare The Wrong End of the Stick.

Terri Matthews, al suo primo film, affronta il tema della frustrazione sessuale in maniera del tutto originale, proiettando delle figure animate in un mondo noioso quanto reale.  Il personaggio di Malcolm rappresenta l’insoddisfazione dell’uomo borghese medio per eccellenza. Così, il regista racconta la volontà del protagonista (seppur inconscia) di evadere dai ritmi sessuali standard dettati dalla monotonia di tutti i giorni. Una rivoluzione quindi del suo rapporto con il sesso, sfociando però nelle più incomprensibili perversioni. Matthews, azzardando anche una sottile ironia, vuole mostrarci il percorso erotico del protagonista (visto dal suo punto di vista) in modo da provare a comprendere il perché si arrivi a desiderare l’indesiderabile. 

herzog

Oltre ai film in concorso, durante il festival sono state proiettate altre pellicole interessanti che hanno dato valore al cartellone. Ecco i cinque che abbiamo apprezzato di più:

Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi, che porta una firma di garanzia come quella di Werner Herzog, è un documentario su un argomento molto attuale e complesso, ovvero il rapporto della società contemporanea con la tecnologia; The Witch, esordio alla regia di Robert Eggers, è un raffinato film horror ambientato nel diciassettesimo secolo, meritatamente vincitore del premio per la miglior regia al Sundance Film Festival 2015. Accattivante è anche l’ultimo lavoro di Jim Jarmusch, Gimme Danger, un documentario sulla storia artistica e personale di una controversa icona della storia della musica, Iggy Pop, mentre in Francia il connubio di due grandi nomi, quello di Albert Serra e di Jean-Pierre Léaud, dà vita a La mort de Louis XIV, un pittoresco lungometraggio sugli ultimi istanti di vita di uno dei sovrani più gloriosi della storia francese. Infine, ultimo ma non meno interessante, Psiconautas, un film di animazione spagnolo complesso e stratificato su due adolescenti dalle vite complicate che cercano ognuno la propria via di fuga.

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