Tenet
Tenet
2020
Paesi
Gran Bretagna, Usa
Generi
Thriller, Azione, Fantascienza, Spionaggio
Durata
149 min.
Formato
Colore
Regista
Christopher Nolan
Attori
John David Washington
Robert Pattinson
Kenneth Branagh
Michael Caine
Elizabeth Debicki
Aaron Taylor-Johnson



In un futuro non troppo distante, una guerra di proporzioni apocalittiche getta l'umanità sull'orlo dell'estinzione. Armato di una sola parola – Tenet – il Protagonista (John David Washington) è coinvolto in una missione nel crepuscolare mondo dello spionaggio internazionale, che lo vedrà confrontarsi con il misterioso oligarca russo Andrei Sator (Kenneth Branagh) per cercare di prevenire il conflitto per la sopravvivenza di tutto il mondo.

Tre anni dopo Dunkirk (2017), Christopher Nolan assembla un thriller spionistico dalle ambizioni come di consueto non indifferenti, con alla base un’idea di cinema pachidermica ed elevata all’ennesima potenza, come fu per il suo film più influente e celebrato, Inception (2010). Anche in questo caso, infatti, la spy story si eleva dalle coordinate basiche del genere per inanellare un complesso e cervellotico scacchiere nel quale i personaggi sono pedine particolarmente arroventate. A muovere le loro fila, tuttavia, non sono più i sogni dentro altri sogni e la messa in discussione delle fondamenta della realtà, ma il collasso dell’entropia di cose e persone, che genera continui salti avanti e indietro nel tempo (il titolo è palindromo, a evidenziare tale reversibilità) e sequenze d’azione di estrema perizia spettacolare e notevole manierismo formale, tanto negli incastri spazio-temporali quanto nelle coreografie propriamente dette. Nolan su di esse investe tutte le proprie energie tecniche e la sua maestria, indiscussa, da moderno fabbro del blockbuster high-concept: la vertigine è sempre dietro l’angolo e le macro-sequenze febbrili sotto il profilo visivo e sonoro, a cominciare dal martellante prologo ambientato al Teatro dell’Opera di Kiev, non sono poche e inseguono un respiro e un passo da antologia dell’azione su grande schermo e della grammatica della tensione. A partire dalla minaccia di una sorta di Olocausto in grado di spazzare via le coordinate del mondo così come lo conosciamo, il cineasta britannico erige un ingranaggio indubbiamente impeccabile sul piano della performance cinematografica, collocato in un mondo al tramonto del quale fatichiamo a intravedere le coordinate e dove i gesti e le evoluzioni dei corpi rischiano, più delle parole, di vedersi sbarrare la strada da un inalienabile margine di inconoscibilità. La Guerra Fredda che fa da sfondo al coté fantascientifico, e i relativi arzigogoli cari al regista, non hanno però la forza delle migliori occasioni e col passare dei minuti Tenet, pur rimanendo assolutamente godibile su un piano totalmente epidermico, palesa la sua natura di ingranaggio fine a se stesso, di giocattolo su larghissima scala imbrigliato in un meccanismo più sterile e macchinoso del dovuto. I personaggi, mai così prossimi a funzioni matematiche nel cinema nolaniano e privati di ogni calore e umanità, sfilano uno dopo l’altro fin dal primo, più schematico blocco del racconto, distillando spesso e volentieri massime apodittiche e aforismi matematico-filosofici sui quali la sceneggiatura di Nolan, privo del contributo del fido fratello Jonathan, sembra lavorare in maniera particolarmente scarnificata, inseguendo la frenesia ambigua e scivolosa di un’epoca votata al frammento, alla strizzata d’occhio allo spettatore, alla semplificazione massimalista e a buon mercato della complessità del dato. Il rischio di schiantarsi senza troppo costrutto, un po’ come il Boeing fatto esplodere per davvero sul set in una delle tante scene pirotecniche, c’è tutto, ma Nolan, che sembra cimentarsi col calco intellettuale di un film della saga di James Bond che ha più volte paventato di dirigere (il lavoro sulle location va sicuramente in questa direzione), riesce sempre a tenere alta l’asticella dell’intrigo internazionale. Lo fa, per una volta, forse con più pancia che testa, senza per questo omettere di interrogare la meccanica del mondo contemporaneo, le sue contraddizioni e i tanti, slabbrati confini che separano il destino dell’essere umano dalla realtà imprendibile e contraddittoria data in dotazione al singolo individuo, alla mercé di forze insondabili, libero arbitrio latitante e paradossi quantistici. Una visceralità, quella di Tenet, che spesso e volentieri si gioca la carta, rara per Nolan, dello humour british, riconducibile in gran parte al personaggio britannico di Robert Pattinson (ispirato al grande scrittore e polemista Christopher Hitchens) e a quello di Michael Caine, che nel suo gustoso e imperdibile cameo definisce lo snobismo inglese non un “monopolio” ma un “azionariato di controllo”. Se l’andirivieni degli eventi scricchiola e al cuore del film manca più di un battito, funzionano in compenso tutti gli attori in rapporto ai loro ruoli, dal perfetto “protagonista" John David Washington, abilissimo nella sua vitrea e guizzante sottrazione, alla sofferta figura femminile di Elizabeth Debicki, passando per il villain russo ottuso e perfino fumettistico di Kenneth Branagh. La canzone sui titoli di coda, con al suo interno più di un richiamo al mood della storia, è The Plan del rapper americano Travis Scott. Fotografia di Hoyte van Hoytema, con una combinazione di pellicola 70mm e IMAX (formati cari a Nolan) e colonna sonora di Ludwig Göransson in sostituzione del fido Hans Zimmer, costretto a rinunciare perché impegnato sul quasi coevo Dune. Più volte rimandato a causa dell’epidemia di Coronavirus del 2020, è arrivato nelle sale internazionali tra agosto e settembre dello stesso anno carico della responsabilità, non da poco ma guadagnata sul campo da Nolan nel corso della sua carriera, di rilanciare l'esperienza di fruizione del cinema in sala su scala globale.



Maximal Interjector
Browser non supportato.