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70 anni di Eva contro Eva, il capolavoro che esaltò la rivalità leggendaria tra Bette Davis e Anne Baxter
Il 13 ottobre di 70 anni fa Eva contro Eva, capolavoro di Joseph L. Mankiewicz, veniva presentato alla sua première newyorkese. Un film in cui non vengono lesinati acuti e amari attacchi al mondo dello show business (un ambiente cinico e spietato in cui soltanto chi è disposto a sporcarsi le mani riesce a sopravvivere, spesso a discapito di altri) e straordinario esempio di scrittura ficcante e precisa che sa rivelare le più recondite pieghe dell'animo umano con semplicità e accuratezza.

Le due attrici, nemiche sul set ma divenute amiche nella vita reale, ci regalano due personaggi ormai divenuti iconici: Margo (Bette Davis) e Eve (Anne Baxter). Due performance di altissimo livello e che rappresentano per entrambe una delle vette più alte raggiunte in carriera (alla Davis fu assegnato il premio come miglior attrice al Festival di Cannes). Nell’intento di omaggiare e ricreare una sorta di sfida fra queste due grandi attrici, vogliamo ricordare alcune tra le tappe fondamentali nella filmografia delle due star.



Paura d’amare (1935) di Alfred E. Green. Il primo grande riconoscimento per la Davis arriva all’età di 28 anni: nel 1936 viene infatti premiata con l’Oscar alla miglior attrice. Bette interpreta il ruolo di Joyce Health, donna che un tempo era considerata l’attrice più promettente di Hollywood e divenuta con gli anni una personalità tossica per gli altri. Primo di una serie di trionfi per l’attrice statunitense, l’incredibile espressività dei suoi occhi diventerà suo il marchio distintivo, tanto da ispirare una delle hit degli anni ’80: Bette Davis Eyes di Kim Carnes.



Il filo del rasoio (1946) di Edmund Goulding. Anne Baxter viene premiata con l’Oscar come miglior attrice non protagonista a soli 24 anni. L’attrice statunitense interpreta Sophia, amica in difficoltà del protagonista Larry (Tyron Power). Pellicola quantomeno interessante, ma comunque ostacolata da dialoghi a tratti troppo didascalici e ridondanti (l'approfondimento psicologico dei personaggi vive solo attraverso la parola e non l'immagine). Suggestiva l'ambientazione e grande prova del cast.



Figlia del vento (1938) di William Wyler. Secondo statuetta come migliore attrice per la Davis. Uno dei film di Wyler più toccanti, fatalisti e feroci. Il merito va (quasi) tutto a Bette Davis, qui impegnata in un tour de force istrionico che l'ha consegnata alla storia. Il ruolo sembra essere costruito su misura per il suo piglio smaliziato, e per il suo talento compiaciuto e nevrotico. Iconico il costume rosso indossato dalla sfrontata Julie/Davis, firmato da Orry-Kelly.



Io confesso (1953) di Alfred Hitchcock. Un'operazione ricca di spunti d'interesse e di riflessioni su bene e male, giusto e sbagliato, ragione e fede. È una pellicola dal forte respiro morale, dotata di dialoghi importanti e capace di rimanere dentro a lungo dopo la visione: un giallo dell'anima, ricco di spunti e suggestioni originali e importanti. La Baxter interpreta Ruth ex ragazza di Padre Michael (Montgomery Clift).



Che fine ha fatto Baby Jane? (1962) di Robert Aldrich. Undicesima nomination agli Oscar per l’attrice statunitense che ci regala un’interpretazione straordinaria. La Davis interpreta Jane Hudson, donna alcolizzata e instabile tormentata dagli spettri di un’infanzia vissuta da enfant prodige. Aldrich sfrutta furbescamente la reale antipatia tra Bette Davis e Joan Crawford regalandoci una tensione crescente (notevole il contributo di un montaggio serrato, ad opera di Michael Luciano) e sequenze memorabili (l'esibizione della sfatta e patetica Jane sulle note di I've Written A Letter To Daddy): una riflessione non banale sulla degenerazione mentale, nonché sulle derive del divismo e dello Star System.



I dieci comandamenti (1956) di Cecil B. De Mille. La Baxter interpreta la regina d’Egitto Nefertari in uno dei kolossal biblici più celebri usciti dagli Studios di Hollywood. Girato in uno spettacolare VistaVision con la consueta perizia registica da DeMille, il film ha un respiro cinematografico e un fascino old-style impareggiabili.



Simone Manciulli
Maximal Interjector
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