Riceviamo e con piacere condividiamo questi commenti di Gianfranco Missiaja sulla Mostra del Cinema di Venezia da poco conclusa.
PUPI AVATI CONCLUDE LA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA CON IL FILM FUORI CONCORSO: "L’ORTO AMERICANO"
Dispiace scriverlo, non vorrei mancare di rispetto ad un Maestro del cinema italiano, ma sembra che la demenza manifestata in un protagonista del film si ripercuota nella senilità del regista sul tema gotico.
Un triller grottesco, tutto in bianco e nero, che invece di limitarsi alle prime vere scene sulla fine della guerra, si mantiene senza colori per tutto il tempo.
Sembra che in modo alquanto perverso, in un celato inconscio del regista, si manifesti la sessualità femminile in modo macabro e raccapricciante.
Pupi Avati, ormai avanti negli anni, sembra voler estrapolare da sé stesso una macabra visione con i suoi ricordi infantili. La conferma di tutto ciò ci viene dalla parole dello stesso regista: “Nella vecchiaia, entrando nella fase conclusiva della tua vita, cadono tutti i freni inibitori… si torna infantili rivelando le cose di te stesso che non hai mai rivelato a nessuno. Ho un rapporto con i miei defunti, sono lì in quella parete con le 200 foto appese nella camera da letto. Così al protagonista della nostra storia ho dato queste immagini come dilatazione del reale in un disturbo per il quale è stato ricoverato in ospedale psichiatrico."
THE ROOM NEX DOOR di Pedro Almodovar
Sembra che, tra tutti i film in concorso, quello di Pedro Almodovar abbia ricevuto i maggiori applausi alla proiezione in Pubblico.
Il tema trattato è uno tra i più scottanti dell’attualità: L’EUTANASIA.
In The Room Next Door, Almodovar dimostra tutta la sua sensibilità, su un tema tanto delicato, dirigendo due “mostri sacri”, come Julianne Moore e Tilda Swinton, che ci riportano, scavando nel profondo, al dramma dei malati terminali ai quali non sembra sia concesso una morte, da loro stessi desiderata, per mettere fine ad ogni sofferenza.
Non aspettatevi quindi il solito regista ironico, quanto piacevole film divertente degli anni ’80 da “donne sull’orlo di una crisi di nervi”. Sembra che l’agonia della celebre protagonista, Tilda Swinton, la quale ben si adatta alla parte della malata terminale, duri un po’ a lungo dato che pervade tutto il film. Tanto per uscire “fuori dal coro”, direi che il triste, quanto importante messaggio, unito agli stessi sentimenti, si potevano trasmettere al pubblico in metà tempo…
Nel titolo del film, nella “stanza della porta accanto”, si ritrova l’amica del cuore. “Quando la porta sarà chiusa significherà che mi sono tolta la vita”. Un dialogo costante, tristissimo, aleggia per tutto lo spettacolo, tra le due intime amiche.
Mi è piaciuto soprattutto il sapore della denuncia, che sembra rimarcare alla fine, contro un bigottismo dell’istituzione, rappresentato da un interrogatorio alla polizia, dove si vorrebbe far incriminare per complicità al suicidio, solo chi ha cercato in ogni modo di aiutare un’amica fino al suo ultimo respiro.
KJAERLIGHET (Love) di Dag Johan Haugerud.
NULLA DEL SESSO DISINIBITO, TRASGRESSIVO E PROVOCATORIO CHE HANNO SCRITTO IN MERITO AL FILM NORVEGESE.
In concorso: KJAERLIGHET (Love) di Dag Johan Haugerud.
Una dottoressa urologa cerca di spiegare ai malati di cancro alla prostata, con il massimo garbo e sorrisi sulle labbra, cosa andrà incontro il paziente, con tutti i grattacapi che sorgeranno dopo l’intervento. Il suo infermiere le farà presente che lei non menziona mai nulla in merito al piacere omosessuale che sarà negato nei rapporti anali dopo l’esportazione della ghiandola.
La dottoressa, nella sua vita privata, amoreggia con disinvoltura rispondendo agli approcci di partner sposati incontrati per caso.
Il suo infermiere, con infinite amorevoli cure, si iccuperà di un paziente operato di prostata fino a dormirci insieme senza alcun fine di carattere sessuale.
Alla fine il film con tali premesse cosa ci vuole dire? Un racconto che non fa emergere nel pubblico alcuna emozione e lascia il tempo che trova… voto 5
IDDU di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza
Se vi interessa il film IDDU con Toni Servillo ed Elio Germano, presentato ieri in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, la trama viene spiegata in sintesi dallo stesso Servillo in un’intervista: “il film, detto in poche parole, si basa su di una corrispondenza realmente avvenuta tra il latitante Matteo Messina Denaro e un un politico di lungo corso - il personaggio interpretato da me - il quale riceve, dai servizi segreti, l’opportunità di risolvere un passato suo, molto problematico, in cambio di fornire il luogo e la cattura di Matteo Messina Denaro. Nel film di Piazza e Grassadonia, tutto questo si moltiplica di significati e di suggestioni molto interessanti: una maniera inedita di raccontare un problema che affligge innanzitutto la Sicilia, ma anche il nostro Paese rappresentato dalla criminalità organizzata”.
JOKER:FOLIE À DEUX di Todd Phillips
Dopo l’entusiasmo suscitato da Joker nel 2019, grandi aspettative per la continuazione della vicenda presentata quest’anno alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con “Joker: folie à deux” di Todd Phillips. Con la scelta di Lady Gaga si presentava un successo clamoroso.
E’ stata una vera e propria delusione!
Acclamazione e urla hanno accompagnato la cantante all’ingresso della Mostra ma, alla fine della proiezione, è stata accolta con 11 minuti di applausi e numerosi fischi. Phoenix ha addirittura girato le spalle e lasciato la sala abbandonando Lady Gaga da sola.
Come al solito, Joaquin Phoenix, che impersona Joker, recita magistralmente, ma Lady Gaga si ritova in una parte molto discutibile sia dal punto di vista interpretativo, sia dal punto di vista etico: dimostrando di amare solo l’immagine della figura dall’animo ribelle, pronto a lasciarlo quando si dimostra l’uomo vero, per quello che è.
Un film deludente, arricchito da musiche e balli con scene poco convincenti, monotono e perfino a tratti noioso in una mediocre commedia. Uno spettacolo vuoto rispetto al film precedente.
QUEER di Luca Guadagnino
Come si vede nel video, al termine della proiezione lo stesso Almodovar va a complimentarsi con il regista abbracciando l’attore interprete principale del film.
Ci racconta la vicenda di un uomo maturo, interpretato magistralmente da Daniel Craig, che ricordiamo nei panni di 007.
I connotati dell’interpretazione sono da “professione reporter” di Antonioni e per certi versi, anche se reso tutto in un altro clima, da “morte a Venezia” di Visconti.
Egli ci accompagna nei meandri dell’omosessualità, dallo squallore iniziale dei rapporti mercenari infarciti di fumo, alcool e droga. La poetica pasoliniana si avvia nell’incontro con un avvenente ragazzo con il quale la sessualità si manifesterà dapprima indugiando nell’approccio, fino a manifestarsi in un’amorevole compassione.
Le scene scabrose di sesso tra maschi effettivamente ci sono ma vengono sempre girate senza compiacimento, non arrivando mai alla pornografia.
A mio avviso, è un’opera d’arte contemporanea e, come avviene nel campo delle attività artistiche attuali, ad alcuni piacerà e ad altri verrà disprezzato.
Da un inizio del film con una trama e un filo conduttore tradizionale e facilmente comprensibile, si arriva poi, nella seconda parte, ad una visione onirica, quasi paranoica. Il regista si evolve in performance con i corpi dei protagonisti, fino ad arrivare ad happening creative dal sapore, appunto, d’arte contemporanea, che contempla la “body Art”, fino ad arrivare, sotto l’effetto di un allucinogeno, alla metamorfosi nella fusione dei corpi dei due protagonisti.
È un film da vedere con uno sguardo “diverso”, come ci riporta il testo censurato autobiografico di William S. Burroughas, pubblicato dopo 35 anni, dal quale il film è stato tratto. Penso che si potrà apprezzare se si riuscirà a vedere cosa si celi dietro il “sipario”, come avviene appunto nelle manifestazioni attuali dell’arte contemporanea. Ad un certo punto la visione sembra trasferirsi, nell’ultima parte del film, alla metafisica attraverso le allucinazioni psichedeliche che effettivamente l’assunzione di droga può creare.
La tragedia alla Guglielmo Tel, con l’uccisione del giovane protagonista, compie l’atto finale lasciando allo spettatore il fatto di crearsi una visione dettata dall’immaginazione più che da un fatto realistico.
AINDA ESTOU AQUI di Walter Salles
Alla fine della proiezione il pubblico va in visibilio per un film, da una vicenda realmente vissuta, che tratta dell’arresto e la sparizione di migliaia di dissidenti trucidati sotto il regime militare degli anni ‘70. Nei 7 anni in cui è stato girato il film si stava pericolosamente avvicinando a quanto raccontato ed era quindi urgente darne voce
Sembra che “la grande battaglia”, primo film italiano in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, sia piaciuto molto a giudicare da come sono stati accolti gli interpreti ed il regista Gianni Amelio.
La tristezza ti assale quando la “pazzia” della guerra viene qui rivissuta attraverso le vicissitudini dei feriti della Prima Guerra Mondiale, ricoverati in un ospedale dove il comandante cerca di rimandare al più presto i soldati al fronte.
Un altro medico, impersonato da Alessandro Borghi, sarebbe di tutt’altro avviso cercando di salvare i tanti disperati ma, alla fine, caduto nella spirale dell’autoritarismo dell’ordinamento militare, anche lui ammalato, non gli resterà altro che suicidarsi.
Forse un monito a quanto oggi sta accadendo nel mondo…
BABYGIRLS di Halina Reijn
Applausi a scena aperta per la Kidman e Banderas nel film in concorso BABYGIRLS.
La regista olandese, Halina Reijn, ci riporta al “triangolo” con il terzo incomodo. La Kindam, dirigente d’azienda, con famiglia apparentemente felice, alle prese con le sue perversioni sessuali, gioca, insieme al suo giovane stagista,al sadomasochismo fino all’identificazione nella sua cagna.
Gli applausi quindi sono per i protagonisti e non per il film che non invoglia certo a trovare piacere nell’amore. Non sembra soddisfare nemmeno i “guardoni”, gli amanti del cinema porno e gli appetiti sessuali degli spettatori i quali escono dalla sala in preda al malessere generale che incutono le scene.
MARIA di Pablo Larrain
NEL VIDEO Ecco cosa è avvenuto alla fine dello Spettacolo
Grande successo per il primo film in concorso con l’interpretazione magistrale di Angelina Jolie nei panni di Maria Callas e Francesco Favino che interpreta il suo maggiordomo.
UN FILM DA VEDERE molto emozionante con sequenze canore storiche eccezionali
Gianfranco Missiaja
PUPI AVATI CONCLUDE LA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA CON IL FILM FUORI CONCORSO: "L’ORTO AMERICANO"
Dispiace scriverlo, non vorrei mancare di rispetto ad un Maestro del cinema italiano, ma sembra che la demenza manifestata in un protagonista del film si ripercuota nella senilità del regista sul tema gotico.
Un triller grottesco, tutto in bianco e nero, che invece di limitarsi alle prime vere scene sulla fine della guerra, si mantiene senza colori per tutto il tempo.
Sembra che in modo alquanto perverso, in un celato inconscio del regista, si manifesti la sessualità femminile in modo macabro e raccapricciante.
Pupi Avati, ormai avanti negli anni, sembra voler estrapolare da sé stesso una macabra visione con i suoi ricordi infantili. La conferma di tutto ciò ci viene dalla parole dello stesso regista: “Nella vecchiaia, entrando nella fase conclusiva della tua vita, cadono tutti i freni inibitori… si torna infantili rivelando le cose di te stesso che non hai mai rivelato a nessuno. Ho un rapporto con i miei defunti, sono lì in quella parete con le 200 foto appese nella camera da letto. Così al protagonista della nostra storia ho dato queste immagini come dilatazione del reale in un disturbo per il quale è stato ricoverato in ospedale psichiatrico."
THE ROOM NEX DOOR di Pedro Almodovar
Sembra che, tra tutti i film in concorso, quello di Pedro Almodovar abbia ricevuto i maggiori applausi alla proiezione in Pubblico.
Il tema trattato è uno tra i più scottanti dell’attualità: L’EUTANASIA.
In The Room Next Door, Almodovar dimostra tutta la sua sensibilità, su un tema tanto delicato, dirigendo due “mostri sacri”, come Julianne Moore e Tilda Swinton, che ci riportano, scavando nel profondo, al dramma dei malati terminali ai quali non sembra sia concesso una morte, da loro stessi desiderata, per mettere fine ad ogni sofferenza.
Non aspettatevi quindi il solito regista ironico, quanto piacevole film divertente degli anni ’80 da “donne sull’orlo di una crisi di nervi”. Sembra che l’agonia della celebre protagonista, Tilda Swinton, la quale ben si adatta alla parte della malata terminale, duri un po’ a lungo dato che pervade tutto il film. Tanto per uscire “fuori dal coro”, direi che il triste, quanto importante messaggio, unito agli stessi sentimenti, si potevano trasmettere al pubblico in metà tempo…
Nel titolo del film, nella “stanza della porta accanto”, si ritrova l’amica del cuore. “Quando la porta sarà chiusa significherà che mi sono tolta la vita”. Un dialogo costante, tristissimo, aleggia per tutto lo spettacolo, tra le due intime amiche.
Mi è piaciuto soprattutto il sapore della denuncia, che sembra rimarcare alla fine, contro un bigottismo dell’istituzione, rappresentato da un interrogatorio alla polizia, dove si vorrebbe far incriminare per complicità al suicidio, solo chi ha cercato in ogni modo di aiutare un’amica fino al suo ultimo respiro.
KJAERLIGHET (Love) di Dag Johan Haugerud.
NULLA DEL SESSO DISINIBITO, TRASGRESSIVO E PROVOCATORIO CHE HANNO SCRITTO IN MERITO AL FILM NORVEGESE.
In concorso: KJAERLIGHET (Love) di Dag Johan Haugerud.
Una dottoressa urologa cerca di spiegare ai malati di cancro alla prostata, con il massimo garbo e sorrisi sulle labbra, cosa andrà incontro il paziente, con tutti i grattacapi che sorgeranno dopo l’intervento. Il suo infermiere le farà presente che lei non menziona mai nulla in merito al piacere omosessuale che sarà negato nei rapporti anali dopo l’esportazione della ghiandola.
La dottoressa, nella sua vita privata, amoreggia con disinvoltura rispondendo agli approcci di partner sposati incontrati per caso.
Il suo infermiere, con infinite amorevoli cure, si iccuperà di un paziente operato di prostata fino a dormirci insieme senza alcun fine di carattere sessuale.
Alla fine il film con tali premesse cosa ci vuole dire? Un racconto che non fa emergere nel pubblico alcuna emozione e lascia il tempo che trova… voto 5
IDDU di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza
Se vi interessa il film IDDU con Toni Servillo ed Elio Germano, presentato ieri in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, la trama viene spiegata in sintesi dallo stesso Servillo in un’intervista: “il film, detto in poche parole, si basa su di una corrispondenza realmente avvenuta tra il latitante Matteo Messina Denaro e un un politico di lungo corso - il personaggio interpretato da me - il quale riceve, dai servizi segreti, l’opportunità di risolvere un passato suo, molto problematico, in cambio di fornire il luogo e la cattura di Matteo Messina Denaro. Nel film di Piazza e Grassadonia, tutto questo si moltiplica di significati e di suggestioni molto interessanti: una maniera inedita di raccontare un problema che affligge innanzitutto la Sicilia, ma anche il nostro Paese rappresentato dalla criminalità organizzata”.
JOKER:FOLIE À DEUX di Todd Phillips
Dopo l’entusiasmo suscitato da Joker nel 2019, grandi aspettative per la continuazione della vicenda presentata quest’anno alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con “Joker: folie à deux” di Todd Phillips. Con la scelta di Lady Gaga si presentava un successo clamoroso.
E’ stata una vera e propria delusione!
Acclamazione e urla hanno accompagnato la cantante all’ingresso della Mostra ma, alla fine della proiezione, è stata accolta con 11 minuti di applausi e numerosi fischi. Phoenix ha addirittura girato le spalle e lasciato la sala abbandonando Lady Gaga da sola.
Come al solito, Joaquin Phoenix, che impersona Joker, recita magistralmente, ma Lady Gaga si ritova in una parte molto discutibile sia dal punto di vista interpretativo, sia dal punto di vista etico: dimostrando di amare solo l’immagine della figura dall’animo ribelle, pronto a lasciarlo quando si dimostra l’uomo vero, per quello che è.
Un film deludente, arricchito da musiche e balli con scene poco convincenti, monotono e perfino a tratti noioso in una mediocre commedia. Uno spettacolo vuoto rispetto al film precedente.
QUEER di Luca Guadagnino
Come si vede nel video, al termine della proiezione lo stesso Almodovar va a complimentarsi con il regista abbracciando l’attore interprete principale del film.
Ci racconta la vicenda di un uomo maturo, interpretato magistralmente da Daniel Craig, che ricordiamo nei panni di 007.
I connotati dell’interpretazione sono da “professione reporter” di Antonioni e per certi versi, anche se reso tutto in un altro clima, da “morte a Venezia” di Visconti.
Egli ci accompagna nei meandri dell’omosessualità, dallo squallore iniziale dei rapporti mercenari infarciti di fumo, alcool e droga. La poetica pasoliniana si avvia nell’incontro con un avvenente ragazzo con il quale la sessualità si manifesterà dapprima indugiando nell’approccio, fino a manifestarsi in un’amorevole compassione.
Le scene scabrose di sesso tra maschi effettivamente ci sono ma vengono sempre girate senza compiacimento, non arrivando mai alla pornografia.
A mio avviso, è un’opera d’arte contemporanea e, come avviene nel campo delle attività artistiche attuali, ad alcuni piacerà e ad altri verrà disprezzato.
Da un inizio del film con una trama e un filo conduttore tradizionale e facilmente comprensibile, si arriva poi, nella seconda parte, ad una visione onirica, quasi paranoica. Il regista si evolve in performance con i corpi dei protagonisti, fino ad arrivare ad happening creative dal sapore, appunto, d’arte contemporanea, che contempla la “body Art”, fino ad arrivare, sotto l’effetto di un allucinogeno, alla metamorfosi nella fusione dei corpi dei due protagonisti.
È un film da vedere con uno sguardo “diverso”, come ci riporta il testo censurato autobiografico di William S. Burroughas, pubblicato dopo 35 anni, dal quale il film è stato tratto. Penso che si potrà apprezzare se si riuscirà a vedere cosa si celi dietro il “sipario”, come avviene appunto nelle manifestazioni attuali dell’arte contemporanea. Ad un certo punto la visione sembra trasferirsi, nell’ultima parte del film, alla metafisica attraverso le allucinazioni psichedeliche che effettivamente l’assunzione di droga può creare.
La tragedia alla Guglielmo Tel, con l’uccisione del giovane protagonista, compie l’atto finale lasciando allo spettatore il fatto di crearsi una visione dettata dall’immaginazione più che da un fatto realistico.
AINDA ESTOU AQUI di Walter Salles
Alla fine della proiezione il pubblico va in visibilio per un film, da una vicenda realmente vissuta, che tratta dell’arresto e la sparizione di migliaia di dissidenti trucidati sotto il regime militare degli anni ‘70. Nei 7 anni in cui è stato girato il film si stava pericolosamente avvicinando a quanto raccontato ed era quindi urgente darne voce
Sembra che “la grande battaglia”, primo film italiano in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, sia piaciuto molto a giudicare da come sono stati accolti gli interpreti ed il regista Gianni Amelio.
La tristezza ti assale quando la “pazzia” della guerra viene qui rivissuta attraverso le vicissitudini dei feriti della Prima Guerra Mondiale, ricoverati in un ospedale dove il comandante cerca di rimandare al più presto i soldati al fronte.
Un altro medico, impersonato da Alessandro Borghi, sarebbe di tutt’altro avviso cercando di salvare i tanti disperati ma, alla fine, caduto nella spirale dell’autoritarismo dell’ordinamento militare, anche lui ammalato, non gli resterà altro che suicidarsi.
Forse un monito a quanto oggi sta accadendo nel mondo…
BABYGIRLS di Halina Reijn
Applausi a scena aperta per la Kidman e Banderas nel film in concorso BABYGIRLS.
La regista olandese, Halina Reijn, ci riporta al “triangolo” con il terzo incomodo. La Kindam, dirigente d’azienda, con famiglia apparentemente felice, alle prese con le sue perversioni sessuali, gioca, insieme al suo giovane stagista,al sadomasochismo fino all’identificazione nella sua cagna.
Gli applausi quindi sono per i protagonisti e non per il film che non invoglia certo a trovare piacere nell’amore. Non sembra soddisfare nemmeno i “guardoni”, gli amanti del cinema porno e gli appetiti sessuali degli spettatori i quali escono dalla sala in preda al malessere generale che incutono le scene.
MARIA di Pablo Larrain
NEL VIDEO Ecco cosa è avvenuto alla fine dello Spettacolo
Grande successo per il primo film in concorso con l’interpretazione magistrale di Angelina Jolie nei panni di Maria Callas e Francesco Favino che interpreta il suo maggiordomo.
UN FILM DA VEDERE molto emozionante con sequenze canore storiche eccezionali
Gianfranco Missiaja