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Katharine Hepburn – La regina di Hollywood che amava dominare gli uomini
«L'attrice dilettante più esperta del mondo». Queste le parole, passate agli annali, con cui il grande regista e sceneggiatore Joseph L. Mankiewicz ha apostrofato Katharine Hepburn. Ma nulla è come sembra, soprattutto a Hollywood, dove l'ordine precostituito era (è?) visto come un dogma inviolabile e le gerarchie nella realizzazione di un film sembrano essere l'unica certezza a cui aggrapparsi. Il tutto si complica a dismisura se, nel gioco dei ruoli, si incrina la preistorica convinzione per cui la donna faccia parte del cosiddetto "sesso debole". E allora ecco che nel momento in cui Hepburn faceva valere la sua personalità durante la lavorazione del turgido mélo Improvvisamente l'estate scorsa (1959), arrivando a volersi dirigere da sola, Mankiewicz se ne esce con quella sentenza, frutto di frustrazione e non certo di una valutazione delle potenzialità dell'attrice. Perché un regista non può permettersi di perdere una simile battaglia.

Quattro premi Oscar come Miglior attrice protagonista, record assoluto senza eguali nemmeno tra gli interpreti maschili. Unanimemente considerata un monumento senza eguali nella storia del cinema con tanto di "sigillo" dell'American Film Institute, che nel 1999 l'ha inserita al 1° posto fra le più grandi star, ritenendola la più grande attrice di tutti i tempi, Katharine Hepburn (12 maggio 1907 – 29 giugno 2003) è colei che ha rivoluzionato il concetto di femminilità al cinema, in maniera molto più pragmatica di quanto fatto, ad esempio, da due sofisticate icone di matrice europea come la divina Garbo o l'androgina Dietrich.


Inarrivabile maestra nello sparigliare le carte del rapporto uomo/donna, Hepburn è stata la regina della screwball comedy, da sempre campo di battaglia perfetto per mettere in scena la guerra tra sessi. Genere di riferimento del cinema americano che trova il suo apice negli anni '30 e '40, la screwball innesta una surreale vena slapstick proveniente dalla tradizione del muto in un modello da commedia sofisticata alla Lubitsch, con scoppiettanti dialoghi conditi di mirabolanti allusioni sessuali che fanno lo slalom tra i rigidi paletti del Codice Hays ironizzando spesso su gender, disparità sociale e false apparenze. Secondo quanto riportato da Paola Cristalli nel volume Storia del cinema – Commedia americana in cento film, il nome deriva dall'espressione del baseball "palla girata a vite", palla a effetto, quindi irregolare, imprevedibile. Ma nell'inglese britannico di qualche decennio prima screwy era anche un modo ironico per definire chi avesse l'abitudine di alzare il gomito.

«Ci sono donne e donne, poi c'è Kate. Ci sono attrici e attrici, poi c'è Hepburn» (Frank Capra)


Il nome di Hepburn è strettamente legato a quello di Cary Grant, modello assoluto di eleganza e autoironia che ha sempre "giocato" con il proprio ruolo di divo. I due hanno dato vita, sul grande schermo, a una coppia unica che, grazie alla sconfinata maestria di due registi come George Cukor e Howard Hawks, fa parte di ogni antologia del cinema. Il primo dei quattro film che hanno girato insieme è Il diavolo è femmina (1935), acutissima commedia, che sottende riverberi di transgenderismo, capace di confrontarsi senza timori con ignoranze e pregiudizi: fingendosi uomo per fuggire in Inghilterra insieme al padre braccato dalla polizia, Sylvia Scarlett (Katharine Hepburn) si imbatte nel furfante gentiluomo Jimmy (Cary Grant). Un disastro al botteghino, probabilmente troppo in anticipo sui tempi.

Ben diversa l'accoglienza di pubblico ottenuta da Scandalo a Filadelfia (1940), scintillante esempio di cinema sofisticato del tempo che fu. Tracy (Hepburn), ricca e nota rampolla della Philadelphia bene, è rimasta in buoni rapporti con l'ex coniuge Dexter (Grant), e si accinge a celebrare un nuovo matrimonio. L'irruzione di un reporter scandalistico (James Stewart) nella sua raffinata abitazione di famiglia le permetterà di capire cosa desidera realmente: l'amore del primo marito. Una meraviglia magnificamente diretta da Cukor e interpretata da un terzetto di attori in stato di grazia, che prende di mira il perbenismo borghese e l'istituzione famigliare con un indimenticabile fuoco di fila di battute.


Ma è il 1938 l'anno da incorniciare quando si parla del sodalizio artistico tra Katharine Hepburne e Cary Grant. In Incantesimo, un self-made-man di umili origini (Grant) è in procinto di sposare una ragazza di buona famiglia (Doris Nolan), ma i parenti di lei non lo vedono di buon'occhio, eccezion fatta per la sorella, la spigliata Linda (Hepburn). Commedia e romanticismo raramente sono andati a braccetto con tanta grazia e leggerezza e il tocco di Cukor è, ancora una volta, un notevole valore aggiunto.

Ma è con Susanna! che i due attori hanno segnato in maniera indelebile la storia del cinema. Bocciato dal pubblico al momento dell'uscita – fatto che costrinse il regista Howard Hawks ad abbandonare il successivo film prodotto dalla RKO – il film è un capolavoro che è diventato, con il passare degli anni, ancher un vero e proprio classico, sia della screwball comedy degli anni '30 che, soprattutto, della commedia sofisticata americana tout court. La gag fisica prevale spesso sui dialoghi, dimostrando ancora una certa persistenza della comicità tipica del muto, in una pellicola dal ritmo straordinario valorizzata da due personaggi immortali scritti con enorme spessore. Sciocco, impacciato, ingessato e timido lui, il paleontologo David Huxley, alle prese con la ricostruzione dello scheletro di un brontosauro e in procinto di sposarsi; svampita, naïf e maldestra lei, l'ereditiera Susan, simbolo di imprevedibilità e caos.

Cary Grant e Katharine Hepburn, con i loro irresistibili battibecchi, hanno un feeling perfetto e si dimostrano una delle coppie da grande schermo più efficaci di tutta la Hollywood classica. Tante le scene d'antologia: dallo sketch dei vestiti strappati alla cena di gala, destinata a essere ripresa da altri film (compreso Lo sport preferito dall'uomo del 1964, sempre di Hawks), all'apparizione del leopardo Baby, mentre la Hepburn, indifferente, parla al telefono. Un mix perfetto di comicità raffinatissima, irriverente e stralunata. Fun fact: Susanna! è il primo film dove compare la parola “gay”. Quando infatti Grant finisce vestito con il négligé della Hepburn e viene interrogato a riguardo, risponde «Because I just went gay!», tradotto nella versione italiana con un più cauto «Perché sono appena diventato pazzo!».

 
Quattro Oscar come migliore attrice protagonista (record assoluto) su dodici nomination, Coppa Volpi a Venezia, Prix d'interprétation féminine a Cannes più una miriade di altri riconoscimenti internazionali. Hepburn è stata una professionista impeccabile, che, dietro a un temperamento deciso e coriaceo, ha saputo lasciar trasparire anche un versante più docile (ma egualmente battagliero). Indimenticabile la sua relazione con l'attore Spencer Tracy, l'unica davvero significativa della sua vita: i due hanno duettato, e spesso duellato, sia sulla scena sia nella sfera privata, dal 1942, anno del loro primo film insieme, La donna del giorno, fino al 1967, quando Tracy ha salutato il pubblico con una delle performance più memorabili della sua carriera in Indovina chi viene a cena?: il grande attore è morto di infarto diciassette giorni dopo la fine delle riprese, a soli 67 anni, a causa della sua passata dipendenza da fumo e alcol. Le altre pellicole in cui hanno recitato fianco a fianco sono state Prigioniera di un segreto (1942), Senza amore (1945), Il mare d'erba (1947), Lo stato dell'unione (1948), il magnifico La costola di Adamo (1949), vertice indiscusso della loro collaborazione, Lui e lei (1952) e La segretaria quasi privata (1957).

Nel 2003 il Daily Telegraph ha scritto: «Katharine e Spencer erano tanto più seducenti quanto più le loro schermaglie verbali erano affilate. Difficile dire se essi trovassero più soddisfazione l'una nell'altro o nella battaglia». Lei atea e lui cattolico non hanno mai convissuto, conducendo sempre una vita discreta, perché il pubblico non avrebbe apprezzato una relazione extraconiugale da parte di Tracy il quale, nonostante non vivesse più con la moglie Louise, non ha mai divorziato da lei, poiché il loro primogenito John era afflitto da handicap. Per una forma di riguardo verso la famiglia Tracy, Hepburn non ha presenziato ai funerali dell'attore.


Considerando la fase più tarda della carriera di Katharine Hepburn, quando i fasti del passato erano lontani ma il talento continuava a brillare, è d'obbligo citare tre titoli chiave che restituiscono bene il tono intimo di una parabola artistica arrivata sul punto di fare i conti con l'età che avanzava. Il primo è Il leone d'inverno (1968), cupa e allo stesso tempo sardonicamente divertente tragedia familiare di impostazione teatrale che unisce il dramma storico shakespeariano alla ferocia dei dialoghi della miglior commedia sofisticata, con tanto di love story tenera e crudele. Nella notte di Natale del 1183, si consuma la lotta tra il Re d'Inghilterra Enrico Il Plantageneto (Peter O'Toole), la moglie Eleonora d'Aquitania (Hepburn) e i tre figli Riccardo (Anthony Hopkins), Giovanni (Nigel Terry) e Goffredo (John Castle): la contesa si gioca su quale dei tre rampolli erediterà il trono. I protagonisti, in particolare gli “anziani” Enrico ed Eleonora, vivono l'amara consapevolezza di essere burattini in mano alle esigenze della Storia, obbligati a certe scelte, a combattersi continuamente e a fingere in continuazione. Scrittura magistrale e grande cura delle ambientazioni, che rimandano a un Medioevo elegante ma ben poco romantico. Uno dei film meglio recitati di sempre, con la coppia Hepburn/O'Toole da stranding ovation.

Il secondo titolo da non perdere è Amore fra le rovine (1975), primo film per la televisione diretto da George Cukor, superba comedia drammatica tipicamente british in cui Hepburn, qui matura attrice citata in giudizio da un giovane ex amante, è affiancata da sir Laurence Olivier, il non più giovane avvocato da sempre innamorato della donna. Un'opera discreta e malinconica, tutta giocata sullo smisurata grandezza di quelli che sono i due più grandi interpreti di sempre. Una piccola gemma da riscoprire.


E non si può non chiudere che con Sul lago dorato (1981), testamento "ideale" di Katharine Hepburn, la quale successivamente comparirà ancora in qualche film di poco conto sia per il cinema sia per la TV, chiudendo effettivamente la propria carriera nel 1994. Si tratta di un commovente dramma, fin troppo ruffiano ma efficace, di dolori, conflitti e sentimentalismo, su due anime al crepuscolo dell'esistenza, magnificamente interpretate da Hepburn ed Henry Fonda, qui alla sua ultima performance attoriale.

Davide Dubinelli

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