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Gli uomini delle Piccole donne: un approfondimento sul film di Greta Gerwig
Uno ha i capelli bianchi e gli occhiali tondi, dice che la morale non vende di questi tempi. Uno ha un’indolente cadenza francese e la corporatura di una levatura invidiabile. Un altro ha l’andatura seducente, lo sguardo inclinato e sospeso. Uno è onesto e diretto, l’altro è capitolato in un amore combattivo e indomabile. Un altro ancora è impacciato e discreto.

Dentro una casa enorme tre uomini si guardano storditi dopo che le sorelle March sono uscite di scena. In quel momento esatto, dopo circa quaranta minuti di Piccole Donne, s’intende l’importanza dell’animo maschile nella penna della Alcott.

Laurie danza, va a teatro, pattina, salva Emy March con un ramo. S’innamora di Jo e svolge in modo esemplare l’inospitale parte dell’amico. 

John Brooke aspetta con infinita educazione. “Ha un animo saggio”, dice Meg March. Il Sig. Laurence non chiede altro che delle giovani mani vivifichino il pianoforte assopito della figlia defunta. E dona cibo, trasporti, cultura.

Forse la Alcott - e dopo Greta Gerwig – non avevano intenzione di far muovere le personalità sfaccettate delle sorelle più lette del pianeta dal sesso gentile di questi uomini, o forse sì. Forse l’intento era quello di tracciare i caratteri attorno all’altro sesso. Anche laddove appaiono debolmente più impudenti, questi uomini, hanno sempre una cordialità e una mansuetudine di fondo che permane dall’inizio alla fine.

Timothée Chalamet non ferisce volutamente la sorella ribelle, agisce quasi secondo un istinto di sopravvivenza, immerso nel remissivo compromesso di un espediente affettivo. Mercanteggia il fuoco con l’illusione bonaria e docile dell’offerta. Quando dice a Meg che non le piace il suo vestito con pizzi e merletti, poi la invita a ballare e la trova splendida. “Davvero?”. “Davvero”, risponde. Anche quando Louis Garrel dice “non li ritengo buoni” dopo aver letto i racconti di Jo, lo fa con delicatezza. Lei lo maltratta e lui resta fermo, seduto. E poi ritenta.

Gli uomini delle Piccole Donne consolano, si siedono sui gradini di una grande casa e ascoltano musica, soccorrono, danzano, corrono, tentano, si fanno ritrarre. Si sposano. Regalano pianoforti e si lasciano abbracciare in un clima colmo di garbo. Sono puliti. Sono leali. Sono responsabili.  Sono padri.

Che sia voluto o meno, nella storia delle March, il sesso gentile è quello degli uomini. È una trama questa dove i due sessi non vanno in conflitto, dove l’uno non si rivelerebbe senza l’altro. 

È un’eccellente, agile concezione di vita, concezione del mondo, con suggestioni chimeriche e altre plausibili, almeno nell’aspirazione in cui il film ne caldeggia l’attuabilità.

Non c’è mai lotta, ci sono tempi. Il tempo in cui James Norton tiene con se il guanto di Emma Watson; quello in cui Chalamet si dichiara a Saoirse Ronan, ne esce sconfitto e resta per tutto il tempo del film a guardare. C’è il tempo in cui il Sig. Dashwood ama fare battute e compie scelte memorabili; un tempo in cui Louis Garrel pensa di andare in California e invece resta, come dice l’editore: “sotto l’ombrello”.

Hilary Tiscione
Maximal Interjector
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