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Jim Jarmusch: le recensioni dei film tornati in sala in edizione restaurata con Movies Inspired
Tre film di Jim Jarmusch sono tornati in questi giorni in qualche sala in edizione restaurata distribuiti da Movies Inspired, che ha varato un fitto calendario di uscite estive. Tutti i dettagli, a questo proposito, li trovate in allegato in fondo all'articolo.

Ecco di quali titoli si tratta (sono usciti a partire dallo scorso 30 luglio): sicuramente nessuno dei tre rientra tra i film più noti e memorabili di Jarmusch, ma si tratta comunque di un trittico di opere inscrivili appieno nel suo percorso artistico. La prima è il suo esordio al cinema, mentre in due casi su tre è un certo cosmopolitismo corale e ondivago a farla da padrone. 

PERMANENT VACATION (1980)



In una New York irriconoscibile, simile a una landa desolata dispersa nel tempo e nello spazio, Aloysius Parker (Chris Parker) si trastulla con una vita randagia piena di occupazioni avventurose e oziose, tra donne, auto e il sogno di una Parigi da raggiungere per arrivare a chissà quale svolta. Lungometraggio in 16 mm, saggio di regia autoprodotto dal regista Jim Jarmusch per il diploma alla New York University, Permanent Vacation è la messa in scena dello sguardo acerbo di un Jarmusch nemmeno trentenne, che si aggira per una New York sventrata, post-bellica e totalmente immaginaria, tra rotte sentimentali e peregrinazioni senza un vero centro. Un film del tutto incompiuto, in cui il regista non pare di essere ancora conscio degli strumenti necessari per trasformare una sensazione o uno stato dell'animo in un meccanismo cinematografico degno di tale nome. 

MYSTERY TRAIN – MARTEDÌ NOTTE A MEMPHIS (Mystery Train, 1989)



Tre linee narrative diverse ambientate a Memphis: dei giapponesi (Masatoshi Nagase e Youki Kudoh) fanno un viaggio intorno ai luoghi di culto del rock; un'italiana (Nicoletta Braschi) è alle prese con apparizioni di Elvis Presley; una banda di criminali beoni e male in arnese (Joe Strummer, Steve Buscemi, Rick Aviles) compie una rapina. Un film che non aggiunge e non toglie praticamente nulla alla poetica di Jarmusch, ma si limita a ribadirne in forma più o meno telefonata i tic e i contrassegni stilistici: il viaggio come condizione esistenziale, la peregrinazione come fuga dall'ordinario e dalle sue catene, un gusto per una comicità stramba e obliqua e, non ultima, una tendenza per la confezione del film a episodi che qualche anno dopo contribuirà a rendere il regista un'icona, anche di stile, grazie a Taxisti di notte (1991) e Coffee and Cigarettes (2003). Un insieme che rende Mystery Train – Martedì notte a Memphis un film jarmuschiano al cento per cento, ma a cui, però, non basta il marchio di fabbrica dell'autore per definirlo totalmente riuscito. 

TAXISTI DI NOTTE (Night on Earth, 1991)



Cinque diverse metropoli (Los Angeles, New York, Parigi, Roma, Helsinki) per parlare di culture differenti attraverso scene ambientate nell'abitacolo di un taxi e che seguono un arco temporale ben definito: dal tramonto del primo episodio all'alba dell'ultimo. Un Jarmusch decisamente in tono minore, che non rinuncia a fare un cinema fortemente personale e identitario ma nel quale si fa fatica a riscontrare autentiche ragioni d'interesse al di là della maniera. Jarmusch sembra alle prese con un compendio di antropologia turistica, e nasconde quasi totalmente il suo proverbiale minimalismo, che ha fatto la differenza in pellicole come Daunbailò (1986), Dead Man (1995) e Coffee and Cigarettes (2003). Purtroppo, com'è prevedibile, quando si scende in territorio italiano col prezzemolino Benigni a fare da istrione invadente, Taxisti di notte esplode in un campionario stereotipico: vespe rosse su cui uomini e donne fanno l'amore, altari di Madonne e altri lampi folkloristici di bassa lega.

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