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Roald Dahl: gli adattamenti delle sue opere per il grande (e piccolo) schermo
«Gli adulti sono troppo seri per me. Non sanno ridere. Meglio scrivere per i bambini, è l'unico modo per divertire anche me stesso»: Roald Dahl ha appassionato moltissimi lettori con le sue opere, ormai diventate immortali e immancabili nelle librerie di tutto il mondo. Non stupisce che moltissimi registi importanti come Tim BurtonWes AndersonSteven Spielberg o Robert Zemeckis si siano lasciati attirare dalle storie di Dahl per crearne degli adattamenti cinematografici, più o meno memorabili. Non solo, per il piccolo schermo è da ricordare la serie tv Il brivido dell'imprevisto. Inoltre, il rapporto dello scrittore con il cinema passa anche dalla sua attività di sceneggiatore: da ricordare lo script di un film mai realizzato su Gremlins (divenuto poi il soggetto dell'opera di Joe Dante), Agente 007 – Si vive solo due volteWilly Wonka e la fabbrica di cioccolato, di Mel Stuart. Ecco i migliori adattamenti dalle opere di Dahl, in ordine cronologico:

Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (Mel Stuart, 1971)



Unendo messaggi edificanti (l'importanza della famiglia, la bellezza interiore che compensa la povertà economica e porta a grandi risultati) a caleidoscopici numeri ambientati in un folle mondo di caramelle e bon-bon, Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato riesce a tenere incollati allo schermo grandi e piccini, tra una riflessione contro la perdita dei valori e un inquietante balletto dei nanetti Oompa-Loompa. A trionfare è soprattutto la performance scanzonata di Gene Wilder, coloratissimo deus ex machina, ma divertenti e riuscite sono anche le macchiette esagerate costituite dai piccoli concorrenti di Charlie, ognuno dei quali incarna un vizio contemporaneo (c'è il bambino obeso, la rampolla viziata, quella che rumina costantemente chewing-gum, il teledipendente).

Chi ha paura delle streghe? (Nicolas Roeg, 1990)



Lo sceneggiatore Allan Scott apporta alcune modifiche, a cominciare da un happy end finale che tradisce la reale chiosa dello scrittore e che sarà una delle cause che porteranno Dahl a disconoscere l'operazione. Non fu dello stesso parere la stampa americana, secondo cui i realizzatori avevano catturato bene l'essenza del racconto originale e riservò al film un'ottima accoglienza. È pregevole, in effetti, il tono intrigante e ambizioso, così come la confezione e la notevole prova di un'Anjelica Huston in gran forma.

Matilda 6 mitica (Danny DeVito, 1996)



Va detto che la maggior parte delle intuizioni divertenti sono comunque dovute al romanzo, ma è positivo che DeVito abbia portato in scena un'opera dall'intento elevato, che condanna fermamente l'ignoranza e l'ottusità e spinge i bambini a leggere, studiare e spremersi le meningi. Peccato che, rispetto alla materia di partenza, la pellicola sia meno mordace e abrasiva, tanto nel rappresentare le folli gesta della Trinciabue (Spezzindue nel testo) quanto nel dipingere il desolante ritratto della famiglia di Matilda e nell'esasperare i piccoli drammi crudeli che vivono quotidianamente i più piccoli, inascoltati da un mondo adulto sordo e sideralmente distante.

James e la pesca gigante (Henry Selick, 1996)



Henry Selick mette insieme live action e la sua amata stop-motion a supporto di una favoletta esile con un protagonista un po' petulante. Se le atmosfere tetre della casa delle zie funzionano, i segmenti colorati con gli insetti giganti sono deboli e privi di fascino, mentre i numeri musicali risultano addirittura stucchevoli. Molto più divertente, e in linea con le tendenze goth del regista, la parentesi sulla nave dei pirati, dove fa capolino anche Jack Skeletron.

La fabbrica di cioccolato (Tim Burton, 2005)



Come nell'originale, gli antagonisti di Charlie sono viziati, obesi, teledipendenti e, proprio per questo, puniti sadicamente secondo le leggi del contrappasso dantesco. Numeri musicali pirotecnici a cura degli Oompa Loompa (tutti interpretati da Deep Roy, reduplicato digitalmente) ed esilaranti citazioni cinefilie, come ad esempio la tavoletta di cioccolato che ricorda il monolite di 2001: Odissea nello spazio (1968): tutti gli ingredienti contribuiscono al visionario e psichedelico disegno d'insieme. È un'opera pop, coloratissima e divertente, con alcuni spunti di geniale crudeltà (il carosello delle bambole che va a fuoco). 

Fantastic Mr. Fox (Wes Anderson, 2009)



Girato interamente in stop-motion e immerso in una splendida fotografia dai colori autunnali, Fantastic Mr. Fox è un adattamento del romanzo di Roald Dahl Furbo, il Signor Volpe, che si rivolge a un pubblico adulto più che agli spettatori più giovani. Il ritratto familiare che ne emerge, infatti, anche se rappresentato attraverso personaggi dalle fattezze di animali selvatici, ha la stessa ricchezza di relazioni e conflittualità che si ricollegano a quelle raccontate da Anderson nei suoi primi lavori, con la solita efficace commistione di dramma e commedia.

Il GGG – Il Grande Gigante Gentile (Steven Spielberg, 2016)



Una fiaba cinematografica che, sulla base dell'enorme potenziale letterario di partenza, non fatica a trovare momenti di spettacolo fanciullesco pienamente aderente alle corde più care all'autore: la Londra notturna e silente in apertura colpisce nel segno, così come il mondo dei giganti, tratteggiato come uno scenario primitivo lontano anni luce dalla civilizzazione, o la semplice sequenza della scoperta della creazione dei sogni. Non è però trascurabile la sensazione di trovarsi di fronte a un prodotto su commissione ingabbiato in rigide dinamiche che spesso lasciano poco spazio alla debordante immaginazione del regista, costretto a riciclare suggestioni già viste (il viaggio), a semplificare alcune situazioni drammaturgiche potenzialmente più interessanti (il mondo dei cattivi, l'epilogo) o ad abbassarsi a momenti che sembrano usciti da prodotti medi per ragazzi (l'incontro con la Regina).
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