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Spike Lee parla del rinvio del Festival di Cannes

È arrivata ieri la conferma definitiva che si attendeva: il Festival di Cannes è stato rimandato, non si terrà più tra il 12 e il 23 maggio.


Il direttore del Festival, Thierry Fremaux sta cercando di spostare la manifestazione, magari fissando delle date per fine giugno, ma la situazione sanitaria rimane incerta. In una nota si dichiara: "Non appena lo sviluppo della situazione sanitaria francese e internazionale ci consentirà di valutare la reale possibilità, renderemo nota la nostra decisione".


Intanto, Variety ha intervistato Spike Lee. Il regista avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di presidente di giuria alla kermesse di quest'anno, il primo regista di colore a farlo nei 73 anni di storia del Festival. Dopo aver presentato in anteprima diversi suoi film a Cannes, Lee era entusiasta di poter ricoprire questa nuova carica.


"Sono d'accordo al 100% con Thierry e con il Festival di Cannes. Il mondo è cambiato e sta cambiando ogni giorno. Delle persone stanno morendo e lo stesso presidente francese ha detto diverse volte - e sto parafrasando - "Siamo in guerra". Stiamo attraversando un periodo che assomiglia a quello della guerra. Per questo le cose che amiamo devono passare in secondo piano: i film, la televisione, gli sport - penso all'NBA che ha un pubblico globale - il baseball. Tantissimi eventi sono stati rimandati e io concordo con questa decisione".


Lee si è detto disponibile a ricoprire il ruolo in caso il Festival di Cannes dovesse essere spostato in un altro momento dell'anno: "Non dimentichiamoci che si sta parlando del più grande festival di cinema del mondo, del più grande palco possibile per l'industria cinematografica, e io sarei la prima persona di colore a essere presidente di giuria", ha dichiarato. "In realtà io non posso far finta di sapere cosa succedera domani. Dobbiamo semplicemente pregare di uscirne, di trovare un vaccino e di rialzarci - a livello globale e dal punto di vista fisico, psicologico ed economico. Non è uno scherzo. E non è un film. La gente sta morendo".


Il regista, che vive a Brooklyn, sta trascorrendo le giornate con la sua famiglia: "Stiamo facendo quello che provano a fare tutti - stare insieme, amarci e aspettare che passi".
Non ha risparmiato commenti sulla mancanza di test per il popolo americano e sulla condotta di Trump, di cui sta seguendo quotidianamente le conferenze: "Diverse persone stanno venendo licenziate, mandate a casa. Non sanno quando verranno pagate la prossima volta, come faranno una volta chiuse le scuole. La situazione è folle. Sul presidente non ho molto da dire, tranne che vorrei che smettesse di chiamarlo "il virus cinese". Deve veramente finirla. Sta mettendo a rischio la comunità di asiatici che vive in America e non sta aiutando nessuno. Ma non c'è qualcuno nel suo staff che glielo possa far notare? L'unica speranza è che chi lo vota riesca a capire il suo errore".


 


Fonte: Variety

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