News
"The End of the F***ing World": un cult incompiuto

Finalmente scopriamo le terribili conseguenze del finale aperto della prima stagione di The end of the f***ing world.


In questi otto nuovi episodi viene raccontata principalmente la storia di Alyssa. Dopo la conclusione della rocambolesca fuga e dell’arrivo della polizia, che ha messo fine alla violenta avventura, per la sua vita inizia un nuovo capitolo, lontano dalla precedente realtà.
La ragazza e la madre, nel frattempo abbandonata dal padre adottivo, andranno a vivere insieme, ospiti della zia che possiede una tavola calda. Alyssa lavorerà lì come cameriera trascorrendo giornate monotone e vuote, pensando al suo James di cui non ha più saputo nulla dopo la cattura. Questa routine continuerà fino a quando non conoscerà il giovane Todd, un ragazzo semplice ma buono, con cui instaurerà un rapporto sentimentale che li porterà a una repentina e azzardata proposta di matrimonio. 


Quella che sembrava prospettarsi come una vita tranquilla e omologata viene, però, presto sconvolta dal ritorno di una vecchia conoscenza, il redivivo James. Il ragazzo, sopravvissuto allo sparo, è stato presto allontanato da Alyssa dalla madre della ragazza. Trascorso un periodo formativo e riconciliante con l’apprensivo padre, l’unico affetto rimastogli, finisce per trovarsi completamente solo quando quest’ultimo muore d’infarto. Non gli resta quindi che tornare dalla sua giovane controparte che ama ancora profondamente. 


Oltre ai due protagonisti se ne aggiunge un terzo, creato appositamente per questa stagione: Bonnie, un’altra giovane vittima della dispotica educazione di una madre autoritaria e poco apprensiva. Bonnie aveva instaurato un rapporto amoroso con il professor Koch, il temibile serial killer che aveva minacciato i due ragazzi nella prima stagione ed era stato accoltellato da James. La giovane, inconsapevole della sanguinosa vita segreta del Professore e convinta che lui fosse sinceramente innamorato di lei, decide di rintracciarne i carnefici, per vendicarlo. 


Le vicende dei due giovani ribelli, inadatti e insofferenti verso la loro famiglia e la società, si complicano nuovamente, incrociando la strada di un’altra ragazza, come loro insoddisfatta dalla vita e decisa a vendicarsi per le sue sofferenze. 


Se la premessa per rinverdire i fasti di una prima esplosiva stagione, ormai quasi un cult, è decisamente promettente, questi nuovi episodi prendono, a poco a poco, una direzione troppo distante dalle loro intenzioni originali, sconvolgendo in modo inutile lo spirito della serie.
L’incipit è forse il picco più alto della seconda stagione: la prima punata, che introduce e si sofferma completamente sul personaggio di Bonnie, è di sicuro il miglior episodio del ciclo, un prologo accattivante e coinvolgente, dirompente e innovativo. 


Peccato che la deriva della caratterizzazione dei protagonisti - che sopraggiungono dalla seconda puntata - si faccia sentire sempre di più man mano che la serie prosegue. Alyssa risulta eccessivamente ripetitiva e stancante nel suo atteggiamento acido e provocatorio, mentre James, nato come un personaggio intrigante per il suo lato oscuro, diventa un docile e piatto essere, privo di qualsiasi carisma. A mantenere l’attenzione sulla storia è la new entry Bonnie, sapientemente costruita, ma questo non basta a risollevare una stagione molto fiacca.
I dialoghi tra Alyssa e James spesso risultano ridondanti, assillanti e al limite del credibile. Le dinamiche tra i due trovano molta meno empatia nello spettatore rispetto alle precedenti. Lo studio psicologico si complica, volendo raccontare il passaggio all’età adulta dei due, ma i sentimenti puri e semplici dei loro 17 anni risultavano molto più verosimili. L’effetto di freschezza e di novità provato alla visione della prima stagione qui si perde completamente.


Non tutto però è da condannare, anzi: la realizzazione rimane di grande qualità, forse persino superiore rispetto agli episodi precedenti. La regia è affidata a due autrici femminili, Lucy Forbes, che dirige i primi quattro episodi, e Destiny Ekaragha, che si occupa dei rimanenti quattro.
Lo stile pulp, provocatorio e molto rock viene rispettato, anche se si perde un po’ l’attitudine punk. La qualità della fotografia è notevole ma il vero pregio dello show è la scelta delle ambientazioni: un’Inghilterra irriconoscibile, una provincia di paesaggi di montagna, tenebrosi e desolati, ancora più assurdi della prima stagione. Sembra veramente difficile ammettere che ci si trova nel Regno Unito.
La sceneggiatura penalizza i due protagonisti ma, fortunatamente, riesce spesso a risultare anche molto divertente nel raccontare i personaggi di contorno grazie a uno humour graffiante e mordace. Le prove attoriali di Alex Lawther e Jessica Barden - James e Alyssa - purtroppo, però, risentono dell’appesantirsi dei loro dialoghi, mentre è bravissima Naomi Ackie nel ruolo della psicopatica Bonnie, una vera sorpresa. 


The end of the f***ing world si trasforma da road movie generazionale a dramma sentimentale. Qualche passaggio risulta coinvolgente ma il prodotto cade troppo spesso in esasperati sentimentalismi che rallentano i tempi concitati e coinvolgenti che l’avevano sempre caratterizzato. Insomma una stagione che conclude diversi fili narrativi lasciati in sospeso, ma di cui sinceramente non si sentiva il bisogno, sicuramente non in questi termini. Un vero peccato per uno show televisivo in origine molto promettente.


Cesare Bisantis

Maximal Interjector
Browser non supportato.