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"Voglio soltanto continuare a lavorare": Woody Allen parla degli attori "pentiti" e del suo unico rimpianto

L'autobiografia di Woody AllenA proposito di niente, è arrivata da noi ad aprile e ci ha permesso di scoprire alcuni dettagli di un'esistenza che lo stesso autore descrive come routinaria e poco esaltante. 


Ora Woody ha 84 anni, sta preparando il suo nuovo film, Rifkin’s Festival, ma soprattutto è alle prese con le conseguenze del clamore mediatico che l’ha investito a seguito dei nuovi attacchi subiti dalla famiglia Farrow. Fatti spiacevoli e arcinoti che, in una recente intervista con il The Guardian, il regista ha nuovamente commentato, concentrandosi soprattutto sugli attori che, negli ultimi anni, lo hanno denunciato in pubblico.


Tra questi si contano personaggi come Rebecca Hall e Timothée Chalamet che si sono detti "pentiti" di aver lavorato con Allen e hanno donato i salari guadagnati per le loro performance in beneficienza. 


Il regista definisce questo comportamento "sciocco": "Gli attori non sanno quali siano i fatti e si attaccano a posizioni sicure per la loro carriera e la loro immagine pubblica. Chi al mondo non è contro gli abusi sui minori? Gli attori e le attrici sono fatti così, denunciarmi era diventata la cosa da fare, come mangiare tutti kale".


Allen dice di non essere arrabbiato per le accuse mosse nei suoi confronti dai media e aggiunge: "Immagino che per il resto della mia vita un ampio numero di persone penserà che sono un predatore. Qualsiasi cosa dica suona egoistica o difensiva, quindi è meglio se continuo per la mia strada e lavoro".


Continuare a lavorare è l'unica cosa che il regista ha cercato di fare negli ultimi tempi, con buoni risultati: nel 2017 è uscito La ruota delle meraviglie con Kate Winslet mentre lo scorso autunno è arrivato in sala Un giorno di pioggia a New York e, al momento, è in cantiere il prossimo progetto, Rifkin’s Festival, con Christoph Waltz e Gina Gershon.


Il regista continua l'intervista affermando che l'unica ragione per cui prova rabbia è di non aver potuto vedere i suoi figli diventare grandi: "Non parlo ai bambini da più di 25 anni e sono stati cresciuti per pensare il peggio di me. Per quello sono ovviamente arrabbiato. Ma, a livello professionale non ho sofferto particolarmente...Le cose stanno così e ciò che posso fare è lavorare sodo e sperare che la gente cambi idea prima o poi. Ma se non succederà, basta così. Ci sono ingiustizie ben peggiori di questa al mondo. Quindi impari a conviverci".


Fonti: The Guardian & Indiewire

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