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Il silenzio della fede: Martin Scorsese, tra Silence e L'ultima tentazione di Cristo
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo su Silence e il rapporto con L'ultima tentazione di Cristo di Adele D'Ippolito.

Martin Scorsese ambienta il suo film 'Silence' nel 1600 e descrive la vita di tre monaci che vanno in Giappone per cristianizzarlo. C'è, in Scorsese, la critica all'abitudine cattolica di considerare la propria religione come l'unico vero credo, che, in quanto tale, va predicato ed insegnato a tutti gli altri popoli. Uno di questi tre monaci è scomparso gli altri due, suoi seguaci, lo vanno a cercare. La vita del tempo, per un cattolico, era difficilissima in Giappone perché il cattolicesimo era vietato. Chi veniva riconosciuto cristiano e non abiurava faceva una pessima fine. Questa "messa in scena' permette a Scorsese una riflessione che già aveva fatto in un altro suo film: l'ultima tentazione di Cristo. Come il Cristo in croce del precedente film, i frati di fronte alla paura della sofferenza cercano la voce di Dio, chiedono a Dio di evitarla loro e di evitarla anche agli altri cristiani giapponesi, ma la sofferenza e il martirio, come per il Cristo, continuano ad esserci: non sentono la voce di un Dio rassicurante. Raccontando di Cristo anche solo ipotizzare il suo cedere alla tentazione, che nel film è anche Maria Maddalena, è molto forte. L'ultima tentazione di Cristo è stato infatti molto contrastato. Qui si tratta in un certo senso di 'figure minori' (rispetto a Cristo) perciò il regista può permettersi di farli cedere. Addirittura Scorsese mette alle calcagna del frate, che poi sarà il protagonista principale, un giapponese che 'sbarca il lunario' abiurando, denunciando per soldi per poi confessare i peccati e farsi assolvere in confessione. Una Maria Maddalena all'ennesima potenza da un certo punto di vista. Una sorta di tentazione 'altra', paradossale, ridicola rispetto a quelle intime manifestate dal frate.

 

In entrambi i film Scorsese gioca con i riflessi: ne L’ultima tentazione di Cristo il “figlio di Dio” diventa specchio del divino nel mondo, pur con tutte le controversie del caso, mentre in Silence il riflesso del volto di Gesù compare in acqua al posto di quello di uno dei protagonisti. In entrambi in casi si può anche parlare di una nuova forma di narcisismo, di una sorta di santità insita ( e non sempre voluta) nei personaggi, ma anche dei giochi tra luci e ombre che il regista mette in campo. Nella scena dell’abiura di Silence l’illuminazione (fuoco non a caso) utilizzata in mezzo al buio della notte è una sorta di rito sacro, che mette in gioco le tentazioni, i lati oscuri dell'animo del frate (buio e fuoco sono in pratica la sofferenza intima che provoca il dubbio), mentre il momento della “rivelazione” nel film precedente è proprio un passaggio: dall’oscurità in cui Willem Dafoe si inginocchia, alla luminosissima scena in cui torna sulla croce, prima che la pellicola esca dal suo rullo e ci lasci col dubbio della resurrezione, creando una grande metafora cinematografica (d’altronde il cinema è luce nel buio, quasi un rituale sacro anche in quel caso).

 
Nell'ultima tentazione di Cristo la tentazione che 'vince' è forse un sogno, una creazione cinematografica perché ad un certo punto tutto tornerà 'al suo posto' come 'vuole la tradizione' qui invece Scorsese si può permettere di sviluppare il racconto linearmente. c'è un superamento, come un'illuminazione del frate che forse capisce che in realtà ogni popolo ha le sue tradizioni ed il suo credo, e questo è intoccabile. Apparentemente abiura in realtà, silenziosamente rimane quello che è, senza più cercare di insegnare niente a nessuno. Convenienza/debolezza? O comprensione del reale valore di ogni credo, che Dio si può chiamare così o può chiamarsi Buddha, Confucio ecc. e tutto sommato non fa differenza? Non c'è da parte di Scorsese una risposta netta, ma lascia le conclusioni a chi guarda, ciascuno secondo le proprie sensibilità. Mentre il frate quando incontra il frate scomparso lo rimprovera per aver abiurato e per essersi inserito nel contesto buddista, addirittura studiando i loro testi e sposandosi, quando poi lo farà anche lui Scorsese non lo fa giudicare da noi spettatori, anzi rende il tutto molto naturale. È ipotizzabile che il regista, che spesso inserisce immagini sacre nei suoi film, aspiri ad una religiosità depurata da certi schemi, più libera, silenziosa ed intima.


Adele D'Ippolito
Maximal Interjector
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