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Matt Reeves: chi è il regista che si cela sotto la maschera del nuovo Batman?
Fra i film più attesi, in vista di questo tanto agognato ritorno in sala, spicca The Batman, diretto da Matt Reeves. Ci aveva già provato Ben Affleck (con esiti non particolarmente fortunati o memorabili) a raccogliere la pesante eredità lasciata da Christian Bale; adesso invece a vestire i panni del celeberrimo uomo pipistrello troviamo Robert Pattinson, affiancato da un cast di attori di primissimo livello: Paul Dano (l’Enigmista); John Turturro (Carmine Falcone); Andy Serkis (Alfred); Colin Farrell (il Pinguino). Eccezion fatta per alcune entusiaste dichiarazioni da parte del cast (Paul Dano si è detto particolarmente impressionato dalla sceneggiatura), il film è totalmente avvolto da un alone di segretezza. Cerchiamo quindi di farci un’idea su cosa dobbiamo aspettarci, andando a proporvi un viaggio attraverso la carriera di Matt Reeves, regista che, al netto di qualche passaggio non particolarmente fortunato, ha dimostrato di avere uno sguardo attento e affilato, capace di affondare come una lama nelle dinamiche che permeano la società contemporanea. Il regista statunitense si è altresì dimostrato a suo agio con il cinema d’intrattenimento, andando a infondere nuova linfa a una saga, quella de Il pianeta delle scimmie, che necessitava già da tempo di un’operazione di svecchiamento. Le premesse per vedere qualcosa di interessante in The Batman ci sono tutte.

Tre amici, un matrimonio e un funerale (1996). L’esordio dietro la macchina da presa non è certamente dei più memorabili. Commedia piuttosto banale, nessun guizzo visivo degno di nota e una struttura narrativa piuttosto convenzionale. Se avessimo dovuto giudicare l’estro creativo di Reeves da questa sua opera prima le premesse non sarebbero certamente state delle migliori.



Cloverfield (2008). Dopo aver temporaneamente accantonato il grande schermo per dedicarsi a produzioni televisive, Reeves torna a dedicarsi al cinema, regalandoci quello che, a oggi, resta la sua opera più significativa. Cloverfield spicca come una delle riflessioni più lucide e potenti sulla società americana alle prese con lo shock del post-11 settembre e con l'ossessione per il videoracconto da condividere tempestivamente con la comunità virtuale. L’intuizione del regista è quella di far scontrare alcuni elementi caratteristici del cinema contemporaneo (l’uso democratico di una cinepresa digitale che permette a chiunque di filmare e autorappresentarsi; l’ossessione per immortalare, archiviare e condividere qualsiasi cosa) con la presenza dell'elemento finzionale-cinematografico per eccellenza: il grande mostro che devasta la grande città, simbolo di quella minaccia senza volto che, quel fatidico giorno di settembre, ha spazzato le certezze dell'intera società americana.



Blood Story (2010). Dopo il successo ottenuto con il film precedente, Reeves incappa in un altro passo falso. Remake dello svedese Lasciami entrare (2008), tratto dalla stessa fonte letteraria, Blood Story si limita a trasporre le vicende negli States, edulcorandole ulteriormente a uso e consumo del grande pubblico. Non funziona affatto l'irritante star (allora) in erba Chloë Grace Moretz nei panni di quella che dovrebbe essere un'adolescente-vampira tormentata e ambigua, mentre è piuttosto convincente il timido protagonista. 



Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie (2014). Sequel de L'alba del pianeta delle scimmie (2011), reboot della serie firmato da Rupert Wyatt, qui sostituito proprio dal talentuoso Matt Reeves. Il cambio in cabina di regia regala nuova linfa alla saga, che si traduce in un maggiore dinamismo nelle ben orchestrate sequenze d'azione e in una scrittura ben calibrata dei personaggi. 



The War – Il pianeta delle scimmie (2017). Le sfide visive e formali che Reeves mette in campo e con le quali si confronta sono all’altezza della statura di questo regista multiforme e acutissimo, che si lancia già dal prologo in una messa in scena calibrata al millimetro e coreografata con senso della commozione e una tenuta epica altrettanto lampante. Nel viaggio al termine della notte offerto dallo scontro sanguinoso tra due stirpi, che s’infiamma e non lascia scampo sotto il profilo delle scelte morali e di una compassione tanto faticosa quanto necessaria, a risaltare sono soprattutto la poesia e la misura con cui i sentimenti sono maneggiati. Tale intimismo spassionato e a cuore aperto, per un blockbuster dei nostri tempi, è merce rarissima e quanto mai preziosa.



Simone Manciulli

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