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Venezia 76, prime polemiche: Lucrecia Martel contro Polanski e le registe donne al centro della conferenza stampa delle giurie

La Mostra del cinema di Venezia ha preso il via ospitando anche la tradizionale conferenza stampa delle giurie. Erano presenti, oltre al direttore artistico Alberto Barbera e al presidente della Biennale Paolo Baratta, la presidente di giuria del concorso Lucrecia Martel, Susanna Nicchiarelli (presidente giuria orizzonti), Emir Kusturiça (presidente giuria opere prime) e Costanza Quatriglio (presidente giuria Venezia Classici).

I temi principali delle domande hanno riguardato l’annoso caso di molestie a carico di Roman Polanski, presente in concorso col suo J’accuse, e la partecipazione alla competizione di registe donne, altro dibattito fortemente radicato nella contemporaneità. Ecco cos’hanno dichiarato i presenti.

LUCRECIA MARTEL

Io non divido l’uomo dall’opera. Gli aspetti interessanti dell’opera emergono nell’uomo. E ritengo anche che la presenza di Polanski sia un disagio per me. Mi sono informata su internet e chiedendo a degli scrittori che hanno lavorato sull’argomento: la vittima del caso ha ritenuto questo caso chiuso, non negando i fati ma affermando che Polanski aveva assolto ciò che gli era stato chiesto. Non posso mettermi al di sopra delle questioni giudiziarie, ma potrei empatizzare con la vittima. Non parteciperò alla proiezione di gala del signor Polanski perché rappresento molte donne che lottano, in Argentina, e non vorrei trovarmi lì ad applaudire. Ma mi sembra opportuno che Polanski ci sia per portare avanti un dialogo in questo luogo.

Credo che questo dibattito sia molto importante in questo festival. Ritengo che Polanski meriti una chance per le riflessioni sull’umanità che ha prodotto nei suoi film, ma è difficile discernere fino a che punto arrivare nei confronti di persone che hanno commesso atti di questa portata e sono poi state giudicate. Se la vittima si sente già risarcita, cosa facciamo? Lo giustiziamo? Gli impediamo di essere al festival per proteggere il festival? Sono dibattiti cui la nostra epoca ci obbliga a rispondere e non è affatto facile rispondere.

Il discorso delle quote non è mai soddisfacente, ma non ci sono altre possibilità per consentire l’inclusione delle donne. Non credo ci sia una forma più pertinente, non mi piace ma non conosco un altro sistema per obbligare l’industria per prendere in considerazione film diretti da donne. E’ sicuramente allarmante l’assenza di persone che fanno parte di una classe agiata tra i registi, così come la sostanziale assenza di registi non bianchi.

SUSANNA NICCHIARELLI

Secondo me non ha molto senso parlare di quote e lo dico da regista donna che ha subito le difficoltà del percorso. Le donne vanno aiutate, a livello di quote, nell’accesso alle scuole di cinema e ai finanziamenti, la selezione di un festival è l’ultimo anello di un percorso e non si possono mettere delle regole, perché altrimenti bisognerebbe includere tantissime minoranze e si metterebbero troppi paletti, considerando che i selezionatori ne hanno già molti e devono badare alla qualità. Se ci sono delle selezionatrici donne senz’altro aiuta, ma più che sui film diretti da donne bisognerebbe anche riflettere su come le donne vengono rappresentate nei film in generale.

ALBERTO BARBERA

Questa domanda mi è stata fatta molte volte in questi giorni e su un tema così complesso, al quale non è facile dare risposte univoche, credo che si debba distinguere l’uomo dall’artista. La storia dell’arte è piena di artisti che hanno commesso crimini, di varia gravità, e non per questo abbiamo smesso di ammirare le loro opere. Polanski è uno degli ultimi maestri europei in attività e non credo che possiamo aspettare duecento o trecento anni per sapere se quest’ultimo suo film, che vedremo, o i film precedenti siano dimenticabili o meno. Ho visto il film, mi è piaciuto, e non ho avuto dubbi sull’opportunità di invitarlo. Non sono un giudice, non posso stabilire se un artista deve o no andare in carcere, ma sono un critico cinematografico cui viene chiesto se un film è meritevole di partecipare a una competizione o no. Secondo me lo stesso dovranno fare gli spettatori davanti al film.

Ho sempre detto di essere contrario alle quote e sono d’accordo con Susanna quando dice che va tenuto conto di ciò in un altro momento. Dando spazio alle quote si verrebbe meno al criterio della qualità che deve guidare la selezione di un festival, anche perché se si procedesse così bisognerebbe dare spazio a tutte le minoranze meno protette nell’accesso all’industria. Sono poche le registe donne perché l’industria del cinema è maschilista, lo è sempre stata e tutt’ora rema contro la capacità delle donne di tenere in mano un set. Sono pregiudizi destinati a scomparire, ci vorrà del tempo purtroppo e deve cambiare soprattutto l’atteggiamento dei decision maker, per porre sullo stesso piano uomini e donne.

Abbiamo ricevuto 1.850 film, il 20% erano diretti da donne e se avessimo trovati più film al femminile che potevano competere al concorso principale senz’altro li avremmo inseriti. Non soltanto per avere più registe o per placare le polemiche a nostro danno che sorgono ogni volta che si parla di questo argomento, ma perché sarebbe una conquista, un bel risultato per tutti, un segno del fatto che sono venuti meno barriere e limiti. Quando sento che ci sono 48% film diretti donne in un festival non posso non chiedermi in base a quale criterio questi film vengano selezionati…

EMIR KUSTURICA

Sono stato a Venezia più volte in competizione e in giuria e sto creando una distanza critica rispetto al mio passato. Nel ’91 sono stato riconosciuto per la prima volta sulla scena internazionale proprio qui e tornare a giudicare il vincitore dell’opera prima mi fa sentire un criminale che torna sul luogo del delitto. La legge anglosassone, riguardo ai dibattiti che ho sentito prima, punisce le persone separando la colpa dalle ricadute morali. Essere parte di un festival non può essere affare solo di chi seleziona, ma anche di chi può sentirsi in colpa col pubblico nel presentare un film al festival. Una volta che si separa la colpa della moralità si può fare un po’ come si vuole. La sua domanda era moralistica io l’ho resa meno morale, ora ho complicato la questione e dovreste riflettere!

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