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Black Mirror: Arkangel come scorciatoia deleteria alle insicurezze di una madre single

Il richiamo distopico di Black Mirror ha coinvolto anche Jodie Foster, che già aveva fatto esperienza con il piccolo schermo avendo diretto episodi di House of Cards e Orange Is the New Black, e non è un caso che Arkangel sia un episodio al femminile. La vicenda ha inizio quando Marie (Rosemarie DeWitt), madre single, perde di vista la sua piccola Sara al parco giochi: traumatizzata dalla vicenda, decide di installare nella testa della figlia Arkangel, una tecnologia in grado di visualizzarne i movimenti, ma non solo. Lo spunto di partenza è sicuramente intrigante, a partire dal fatto che ci si confronta con la realtà e le insicurezze di una madre single che trova nella tecnologia un aiuto per potersi occupare della figlia, per darle la protezione che lei, da sola, pensa di non essere in grado di offrire. Chiaramente, la situazione sfugge di mano, l’arco narrativo si amplia e la piccola Sara cresce, ma la dipendenza da Arkangel della madre diventa angosciante, uno strumento di cui non può fare a meno e che diventa arma di controllo eccessivo e soffocante nei confronti della figlia. Le tappe di crescita, i passaggi delicati dall’infanzia all’età adulta sono totalmente superati e ignorati grazie a uno strumento tecnologico che azzera totalmente la relazione e il ruolo di genitore di una madre che trova una scorciatoia deleteria per essere aiutata in un ruolo troppo complicato e che non la lascia tranquilla.



Ma, naturalmente, ciò che sembra essere un aiuto per lei si rivela per lei una droga a tutti gli effetti, uno strumento annientante (per Marie e per il suo rapporto con la figlia) che non fa che acuire il senso di ansia e di preoccupazione. Una vicenda senza eccessivi guizzi, né visivi né a livello di sceneggiatura, in cui Jodie Foster regala qualche interessante spunto estetico – ad esempio, la camera della giovane Sara, arredata quasi a lutto dopo un’infanzia vissuta in una campana di vetro – ma che vive di qualche passaggio prevedibile e poco efficace, come del resto un finale che non lascia l’amaro in bocca, in quanto logica e coerente conseguenza di quanto mostrato nei passaggi precedenti. Da un episodio di Black Mirror era lecito aspettarsi di più, considerando anche l’interessante spunto di partenza, ben approfondito ma mai veramente sconvolgente. La tematica sulla responsabilità genitoriale e sulla relazione con la crescita di un figlio/una figlia è sicuramente il tema principale che può essere osservato e approfondito da molteplici letture, ed è questo ciò che rimane di un episodio ben diretto, ma solo a tratti veramente incisivo.


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