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Fellini, verso il centenario

Il 20 Gennaio 1920 nasceva a Rimini Federico Fellini, una delle menti più geniali del novecento e annoverato tra i maggiori cineasti di sempre. Oggi, a quasi cento anni dalla sua nascita, il suo lascito è ancora immenso, e non solo nel cinema, perché col suo estro ha saputo spaziare anche in altri ambiti artistici dove ha lasciato il segno, come nel mondo del fumetto. Ed è proprio con l’intento di celebrarne la memoria che apre a Padova dal 14 Aprile all’1 Settembre ai musei civici degli Eremitani una mostra dedicata al celebre regista riminese, “Federico Fellini, verso il centenario”. Promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova con il Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e curata da Vincenzo Mollica, Alessandro Nicosia e Francesca Fabbri Fellini, si propone di essere solo la prima tappa di una serie di mostre che tra il 2019 e il 2020 porterà la storia di Fellini in tutta Italia e poi anche all’estero.

Dopo le eleganti sale dedicate all’arte medievale fino a quella moderna, dove troneggiano capolavori del Tintoretto e Tiepolo, si giunge finalmente allo spazio dedicato a Fellini. Una breve introduzione sull’uomo e l’artista che era e una veloce carrellata cronologica sulla sua vita ci fanno varcare i cancelli del mondo immaginifico e surreale dei suoi film.

Da questo punto la mostra non è più organizzata cronologicamente, ma tematicamente, scelta questa insolita ma molto efficace. Il primo tema approfondito è l’amore per la storica musa di Fellini, Giulietta Masina. Quella che fu definita dallo stesso Charlie Chaplin “una charlot donna” fu, soprattutto nel primo glorioso periodo cinematografico, la più grande fonte d’ispirazione del regista: basti pensare che il film La strada, in cui la Masina per la prima volta introduceva il suo stile di recitazione espressivo, delicato e clownesco, valse il primo Oscar a Fellini nel 1957. La loro relazione amorosa è ripercorsa oltre che da testimonianze indirette anche da lettere originali che si scambiavano i due. Commoventi i biglietti d’auguri esposti che Fellini le dedicava e dove si scopre il suo lato più tenero.

Nel frattempo sulla parete destra sono disposti e incorniciati numerosi manifesti internazionali di tutti i più celebri film del regista: dalla locandina giapponese de Il bidone a quella tedesca del Satyricon; dei veri e propri cimeli non solo per appassionati, che fanno comprendere quanto la passione per Fellini fosse diffusa in tutti gli angoli del globo. Una piccola stanza di passaggio è dedicata ad una breve retrospettiva sulla visione della donna di Fellini, una tra le sue più grandi passioni e ossessioni.

La sala successiva è dedicata interamente a uno dei film più ingiustamente dimenticati del cineasta, Il Casanova, definito da Morandini come “il miglior film di Fellini dopo 8 e 1/2”. Qui si viaggia attraverso i reperti del set: numerosi costumi di scena prodotti all’epoca dalle migliori sartorie di Roma e maschere o altri oggetti provenienti direttamente dalle barocche e sgargianti parate del carnevale veneziano del film.

Il tema che segue è forse la maggiore fonte di ispirazione di Fellini: i sogni. Nel 1960 Fellini cominciò a frequentare l’analista junghiano Ernest Bernhardt, grazie al quale per spiegare i propri sogni cominciò a disegnarli. Da quel momento iniziò a “registrare” su carta meticolosamente tutta l’attività onirica che di notte in notte sperimentava creando quelli che chiamò i suoi “Libri dei sogni”, che tenne per più di vent’anni. Qui alla mostra sono incorniciate alcune pagine originali di questi libri che testimoniano quanto fosse illimitata la fonte dei sogni per Fellini.

Questo tema ci traghetta anche verso un’altra grande passione del regista che lo accompagnò per tutta la vita: il disegno. Si possono ammirare dalle prime caricature che il giovane Federico realizzava per il cinema Fulgor di Rimini, alle splendide tavole della graphic novel di Milo Manara de Il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet, l’opera fumettistica basata sulla sceneggiatura del film mai realizzato da Fellini. Per accedere alla stanza finale invece ci si ritrova davanti a due tende di velluto rosso accompagnate da un cartello che sconsiglia l’entrata ai minorenni. Si tratta della sala dedicata alla “Erotomachia”, letteralmente “battaglia d’amore”, ossia una serie di disegni erotici di pugno felliniano che rappresentano ironicamente l’archetipo combattimento tra Uomo e Donna. Figure femminili gigantesche, dominatrici e affamate di sesso, queste le divertenti scene rappresentate. Tra una camera e l’altra sono poi disseminati un vastissimo numero di cimeli da costumi di scena a documenti ufficiali dei film come contratti di assunzione o piani di lavorazione.

Termina qui un viaggio breve ma intenso nella mente sfaccettata di Fellini. Un ricchissimo magazzino di oggetti personali o reliquie cinematografiche che ripercorrono una lunga carriera costellata di grandi capolavori indimenticabili e che vuole ricordarci fedelmente il genio, l’artista, l’uomo che era Federico Fellini. Uno spettacolo entusiasmante per gli appassionati, necessario per i neofiti e indispensabile per tramandare la sua leggenda per i prossimi 100 anni.

 

Cesare Bisantis

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