Amici miei
Durata
140
Formato
Regista
Giorgio Perozzi (Philippe Noiret), il Conte Mascetti (Ugo Tognazzi), Rambaldo Melandri (Gastone Moschin) e Guido Necchi (Duilio Del Prete) sono quattro cinquantenni toscani, amici di vecchia data, che si ritrovano e passano il tempo architettando complessi e divertenti scherzi. Si aggiunge al quartetto il Dottor Sassaroli (Adolfo Celi).
Uno degli ultimi rantoli della commedia all'italiana, Amici miei è un corale, goliardico e cameratesco manifesto sull'amicizia, sentimento che nasce sin dai titoli di testa in cui il regista Monicelli cita e omaggia l'amico Pietro Germi, prematuramente scomparso e a cui apparteneva inizialmente il progetto che doveva essere ambientato a Bologna. Talmente riuscito da essere stato capace di generare termini entrati nel linguaggio comune, come le zingarate o la “supercazzola”. I personaggi sono caratterizzati al meglio e convivono magistralmente, dimostrando ancora una volta il lato migliore di Monicelli: sono bambinoni mai cresciuti, dediti alla burla compulsiva, uniti da un legame sincero e profondo, capace perfino di oscurare le relazioni con il gentil sesso. Ma, come nella miglior tradizione della commedia all'italiana, farsa e tragedia si combinano e, dietro la facciata spensierata e allegra, si nasconde un'umanità spaventata e fragile, sconvolta dagli anni di piombo e avvilita dai propri fallimenti personali. Da applausi la prova dell'intero cast, con una menzione speciale per Tognazzi, Moschin e Celi. Innumerevoli le sequenze cult, dagli schiaffi alla stazione alla “supercazzola” durante l'estrema unzione, sberleffo finale alla morte, vero e unico spauracchio dei vitelloni toscani. Intriso di malinconia crepuscolare da crisi di mezza età che serpeggia tra una gag e l'altra, è tra le più celebri opere di Monicelli. Il film ha vinto due David di Donatello, tre Nastri d'argento e ha due seguiti: Amici miei – Atto II (1982) e Amici miei – Atto III (1985). Il tentativo di sfruttare il brand ha prodotto la scellerata operazione Amici miei – Come tutto ebbe inizio (2011), un prequel apocrifo ambientato nella Firenze rinascimentale.
Uno degli ultimi rantoli della commedia all'italiana, Amici miei è un corale, goliardico e cameratesco manifesto sull'amicizia, sentimento che nasce sin dai titoli di testa in cui il regista Monicelli cita e omaggia l'amico Pietro Germi, prematuramente scomparso e a cui apparteneva inizialmente il progetto che doveva essere ambientato a Bologna. Talmente riuscito da essere stato capace di generare termini entrati nel linguaggio comune, come le zingarate o la “supercazzola”. I personaggi sono caratterizzati al meglio e convivono magistralmente, dimostrando ancora una volta il lato migliore di Monicelli: sono bambinoni mai cresciuti, dediti alla burla compulsiva, uniti da un legame sincero e profondo, capace perfino di oscurare le relazioni con il gentil sesso. Ma, come nella miglior tradizione della commedia all'italiana, farsa e tragedia si combinano e, dietro la facciata spensierata e allegra, si nasconde un'umanità spaventata e fragile, sconvolta dagli anni di piombo e avvilita dai propri fallimenti personali. Da applausi la prova dell'intero cast, con una menzione speciale per Tognazzi, Moschin e Celi. Innumerevoli le sequenze cult, dagli schiaffi alla stazione alla “supercazzola” durante l'estrema unzione, sberleffo finale alla morte, vero e unico spauracchio dei vitelloni toscani. Intriso di malinconia crepuscolare da crisi di mezza età che serpeggia tra una gag e l'altra, è tra le più celebri opere di Monicelli. Il film ha vinto due David di Donatello, tre Nastri d'argento e ha due seguiti: Amici miei – Atto II (1982) e Amici miei – Atto III (1985). Il tentativo di sfruttare il brand ha prodotto la scellerata operazione Amici miei – Come tutto ebbe inizio (2011), un prequel apocrifo ambientato nella Firenze rinascimentale.