Play Time – Tempo di divertimento
Playtime
1967
Chili
Paesi
Francia, Italia
Genere
Comico
Durata
115 min.
Formato
Colore
Regista
Jacques Tati
Attori
Jacques Tati
Barbara Dennek
Rita Maiden
Un gruppo di turisti americani sbarca nell'aeroporto francese di Orly, mentre monsieur Hulot (Jacques Tati) si aggira per uffici ubicati dentro gelidi palazzoni di vetro. Per una coincidenza tutti si ritrovano in un lussuoso ristorante, nella serata della sua disastrosa inaugurazione.

«Penso che Play Time sia fatto non tanto per lo schermo quanto per l'occhio». Con queste parole Tati presentava il suo quarto lungometraggio, il più ambizioso, il primo girato in 70mm e l'ultimo grande capolavoro della sua filmografia. Una autentica avventura per l'occhio dello spettatore, sfidato a esplorare i campi totali del film per scovarne i tanti, sovrapposti e simultanei, punti di interesse. Lo spazio delle inquadrature è sfruttato al massimo della sua larghezza e della sua profondità, mentre gli effetti sonori aggiungono complessità all'effetto comico. Diviso in due parti, dopo una prima metà in cui Hulot brancola dentro l'alienante freddezza di modernissimi uffici, culmina nella straordinaria sequenza dell'inaugurazione del ristorante. In una scatenata sequela di gag lunga oltre 50 minuti, Tati offre qui una magistrale lezione di cinema e comicità, seminale per tanti cineasti a cominciare dal Blake Edwards di Hollywood Party (1968). La visita dei turisti americani, felici di aver visto anche solo per un attimo riflessi in un vetro la torre Eiffel o l'Arco di Trionfo, si chiude invece in un carosello di traffico metropolitano, simile alla giostra di Giorno di festa (1949) e preludio del successivo Monsieur Hulot nel caos del traffico (1971). Costato un'enorme quantità di denaro e diversi anni di lavorazione, fu realizzato in uno speciale set all'aperto ribattezzato Tativille, in un'area dell''Île-de-France grande circa quindicimila metri quadri. Le imponenti scenografie disegnate da Eugene Roman comportarono dei costi di produzione elevatissimi, tanto da costringere Tati a ipotecare il suo patrimonio personale e i diritti su tutti i suoi film.
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