"1994" e l'Italia di Berlusconi
28/10/2019

 


Eccoci giunti al terzo e ultimo ciclo di episodi dello show televisivo ideato da Stefano Accorsi.


Dopo 1992 e 1993, è il turno di 1994: ambiziosa e innovativa, quest’ultima stagione si rivela la più riuscita delle tre, composita e molto complessa. Questa volta il racconto corale è calibrato più sapientemente e il livello della realizzazione si eleva in modo definitivo.


Dopo l’Italia di Mani Pulite e la conseguente fine della Prima Repubblica, è arrivato il momento dell’Italia di Silvio Berlusconi che inaugura così la Seconda Repubblica del nostro paese.


Periodo di transizione complicato, quindi, quello che viene vissuto dai tre protagonisti assoluti della serie.


Veronica Castello (Miriam Leone), che entra in Parlamento dopo la vittoria del centrodestra, dovrà destreggiarsi in un ambiente di squali cercando di sopravvivere alle angherie e ai soprusi di una politica profondamente maschilista.


Pietro Bosco (Guido Caprino), diventato ormai braccio destro di Umberto Bossi, cercherà di mantenere la propria integrità e il proprio pensiero morale e politico trovandosi al centro delle forti tensioni che cominciano a scatenarsi tra la Lega e il Presidente del Consiglio.


Infine, il vero filo conduttore di tutta la vicenda, Leonardo Notte (Stefano Accorsi) vorrà a tutti i costi realizzare i suoi machiavellici scopi agendo nell’ombra, alle spalle del Cavaliere, tenendo le fila della politica italiana.


Emblematica, in questo senso, è proprio una delle prime frasi che pronuncerà: “A me non frega un cazzo di fare il ministro. Io li voglio decidere i ministri”.


Ancora una volta l’operazione di rivivere l’Italia degli anni ‘90, un periodo quanto mai mutevole per il paese, attraverso gli occhi di personaggi fittizi ma realistici e interni alle vicende, funziona. Questa volta anzi la storia diventa più varia, pur mantenendo una confezione uniforme, creando così un grande affresco che stupisce e stimola a ogni puntata. Gli episodi, infatti, sono pensati in continuità ma vengono realizzati come fossero dei lungometraggi a sé stanti, ognuno dei quali si focalizza in modo particolare su uno dei protagonisti della serie.


Otto storie vissute dagli occhi di personaggi che, di volta in volta, si alternano, lasciando spazio anche ad altre figure, oltre ai tre protagonisti già citati.


Per esempio, viene data la parola a Dario Scaglia, collaboratore di Antonio Di Pietro, uomo che non fa scrupoli per portare avanti la sua missione di rendere alla giustizia i politici corrotti. O anche al neodeputato berlusconiano Paolo Pellegrini, che narrerà in un lungo monologo tutto il quinto episodio, il migliore della stagione, liberamente ispirato al capolavoro del cinema Viale del tramonto di Billy Wilder.


Uno dei grandi pregi della serie è la sua capacità di rimanere imparziale, di non fornire mai un giudizio né esplicito né implicito alle complicate vicende politiche. La coralità dei personaggi è utile anche a questo scopo: diversi punti di vista e, quindi, più opinioni. L’analisi dei fatti è super partes e se, da un lato non condanna nessuno, dall’altro vengono condannati tutti.


L’Italia è rappresentata soprattutto da Leo Notte, il trasformista per eccellenza, calcolatore mefistofelico e arrivista, sempre pronto a manovrare il prossimo per i propri scopi, ma mai veramente invincibile. Il suo fascino malvagio, cresciuto nelle precedenti stagioni, qui esplode in tutta la sua complessa irriverenza. Personaggio cucito su misura per Stefano Accorsi (anche creatore della serie), mai visto così a suo agio, che qui veste i panni del ruolo definitivo della sua carriera fino a ora.


L’interpretazione più riuscita, però, è ancora una volta quella del taorminese Guido Caprino, camaleontico nel ruolo del lombardo doc Pietro Bosco. Miriam Leone riconferma il suo talento in ascesa nei panni della Castello, protagonista femminile affascinante e profonda che finalmente viene sviluppata a dovere in questa stagione, rivelando una psicologia profondamente fragile ma lucidamente spietata nei momenti di difficoltà.


Il resto del cast è sempre adeguato; menzione d’onore al bravissimo Antonio Gerardi che ritorna nei panni di Antonio Di Pietro e a Paolo Pierobon, esplosivo nel ruolo del Cavaliere.


Non ultima va premiata la regia di Giuseppe Gagliardi, autore di tutti gli episodi delle precedenti stagioni, al quale qui si aggiunge Claudio Noce. La coppia effettua senza dubbio un grande salto di qualità, spaziando nello stile vario e multiforme di ogni puntata, tanto che per ogni episodio sembra di trovarsi di fronte a un diverso autore.


Questa volta 1994, prodotta da Sky e Wildside in collaborazione con Beta, è riuscita veramente nell’intento di creare uno show televisivo innovativo e dal respiro internazionale.


Peccato per un finale un po’ affrettato ma che, comunque, conclude correttamente le trame di tutti i personaggi.


Un affresco così vivido e coinvolgente dell’Italia, però, non aveva ancora fatto capolino sui nostri schermi, rendendo 1994 un’operazione senza precedenti nel panorama italiano.


 


Cesare Bisantis



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