After the Hunt, l’ultimissimo film diretto da Luca Guadagnino, si prepara a uscire nelle sale americane il 10 ottobre, con una distribuzione più ampia dal 17 ottobre. Dopo aver deluso quelli che si aspettavano di vederlo a Cannes questa primavera, il film probabilmente verrà presentato in anteprima a Venezia il prossimo agosto. Il regista palermitano infatti è stata una presenza fissa negli ultimi anni al Lido, dove ha presentato sette dei suoi nove film, incluso il recentissimo Queer.
Il nuovo thriller psicologico seguirà Alma Olsson (interpretata da Julia Roberts), una professoressa universitaria che si ritrova in una situazione delicata quando una studentessa (Ayo Edebiri) denuncia uno dei suoi colleghi (Andrew Garfield) di aggressione sessuale e un oscuro segreto dal suo passato minaccia di tornare a tormentarla. Da quello che ha dichiarato Guadagnino, il film dovrebbe essere una critica sociale provocativa, in particolare dell’ambiente accademico, e tratterà i temi dell’abuso e del consenso. In un certo senso una dipartita per quanto riguarda i temi trattati solitamente dal regista, il quale ci ha abituato a riconoscere nei suoi film precedenti il filo conduttore rappresentato dall’esplorazione del desiderio umano e della sessualità.
In attesa del nuovo titolo, ripercorriamo le tappe della carriera di uno dei registi più acclamati degli ultimi anni.
L’esordio con The Protagonists (1999) e il controverso Melissa P (2005)
Il debutto al cinema di Guadagnino avviene nel 1999 con il lungometraggio "The Protagonists", storia di una troupe cinematografica italiana si reca a Londra per girare un documentario su un omicidio realmente accaduto nel 1994. Il film rappresenta appieno questa prima fase della carriera del regista, contraddistinta da un forte approccio sperimentale e da una ricerca di nuovi modi di narrare e di tecniche visive non convenzionali. In questo caso, gli elementi documentaristici convivono in un instabile equilibrio con le ricostruzioni immaginarie del crimine. Il formato dello pseudo-documentario permette di esplorare la tensione tra realtà e finzione, tra i fatti realmente accaduti e la loro manipolazione attraverso l’obbiettivo cinematografico.
La trasposizione cinematografica del romanzo 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire di Melissa Panarello pone le basi per le opere future. La trattazione del percorso di scoperta sessuale di una ragazza sedicenne consolida Guadagnino come autore audace e controverso, in grado di realizzare le proprie visioni anche a costo di attirare critiche negative. Già dal secondo film, si può notare l’importanza della rappresentazione esplicita del desiderio sessuale e l’attenzione alle pulsioni dei corpi nel cinema di Guadagnino.
La trilogia del desiderio
Il successo unanime arriva con i film della trilogia del desiderio. Attraverso ambientazioni e trame separate, Guadagnino vuole esplorare le complesse dinamiche del desiderio umano portato alle estreme conseguenze. Il desiderio è la forza che trasforma i personaggi e che porta avanti la narrazione. La componente visiva si caratterizza per il suo spiccato senso estetico, elegante e meticoloso nell’attenzione ai dettagli.
In "Io sono l’amore" (2009) protagonista della storia è il desiderio di Emma, un desiderio che sfida le convenzioni sociali dell’alta borghesia e che minaccia l’ordine familiare. In un mondo fatto di apparenze, la passione dei corpi dei protagonisti risalta sia nelle scene esplicite che in quelle di vita quotidiana. L’apparato visivo è caratterizzato da elementi come l’uso scenografico delle didascalie e dei titoli di testa in stile rétro, l’illuminazione antinaturalistica degli spazi chiusi e l’utilizzo del primo piano. Il tutto accompagnato dalle musiche del compositore John Adams, sulle quali il regista coreografa intere scene.
"A Bigger Splash" (2015), liberamente ispirato a "La piscina" di Jacques Deray e al quadro omonimo di David Hockney, racconta l’idillio amoroso dei due protagonisti che improvvisamente viene sconvolto dall’arrivo di un ex amante. Come nel film precedente, al centro della narrazione c’è il desiderio e le pulsioni dei personaggi. Qui però il desiderio è una forza ancora più distruttiva e al mondo fatto di apparenze di Io sono l’amore diventa un mondo istintuale e animalesco dominato dalla passione. Le tensioni tra i corpi si fanno più violente e non possono che culminare in tragedia. Come nel capitolo precedente, lo sguardo è ossessionato dall’estetismo dei corpi nudi, che qui vengono catturati da inquadrature pop e di grande effetto, al limite del kitsch.
"Chiamami col tuo nome" (2017) afferma Guadagnino a livello internazionale: candidato a tre Golden Globe e quattro Oscar, si è aggiudicato la statuetta per la Miglior sceneggiatura originale. Tratto dal romanzo di André Aciman, il film narra della relazione tra Elio e Oliver, esplorando la crescente consapevolezza di Elio della sessualità. Qui il desiderio viene raccontato attraverso il racconto di formazione e diventa lo strumento per la scoperta dell’identità del protagonista. Rispetto ai due film precedenti, qui il desiderio è visto attraverso una lente più dolce e innocente, anche se non manca il risvolto tragico del finale. L’estetica. che qui evoca un passato idilliaco e nostalgico, si affianca come sempre a una selezione quasi maniacale della colonna sonora, firmata da Sufjan Stevens.
Suspiria (2018)
Con "Suspiria" Guadagnino decide di confrontarsi con uno dei suoi maestri, rivisitando il capolavoro di Dario Argento del 1977. Il regista ha dichiarato che il film non è esplicitamente un remake, bensì un omaggio alla “potente emozione” da lui provata quando vide l’originale. Questa reinterpretazione propone una lettura e un’estetica che sfidano l’originale: i colori saturi del technicolor vengono sostituiti da una palette più sobria e cupa, e la trama originale viene resa più complessa con l’aggiunta delle tensioni storico-politiche della Berlino Ovest degli anni ’70. E al centro della narrazione, come sempre, il corpo e le sue pulsioni. La presenza ossessiva della danza in particolare evidenzia la potenza del corpo, catturata qui da violenti movimenti di macchina che vengono coreografati sulla colonna sonora di Thom Yorke.
Bones and All (2022)
"Bones and All" rappresenta un diverso approccio al genere horror. La presenza di scene esplicite legate alla tematica del cannibalismo si rifà al cinema estremo francese, in particolare a "Cannibal Love – Mangiata viva" (2001). La componente gore però si affianca a quella sentimentale, diventando un pretesto per esplorare ancora una volta i temi della ricerca dell’identità, delle pulsioni umane e del desiderio. Il cannibalismo diventa una metafora della condizione di solitudine ed emarginazione dei protagonisti, due vagabondi nel Midwest degli anni ’80, ma anche del bisogno primordiale di connessione con l’altro. Il regista ancora una volta esplora la tragicità delle passioni e della sofferta consapevolezza della natura pericolosa del desiderio. Come accadeva in "Suspiria", l’horror rappresenta un’occasione per ritrarre un periodo storico con uno sguardo alternativo, focalizzandosi sugli individui emarginati e sui luoghi a cui appartengono.
Challengers (2024)
In questo dramma sportivo/commedia romantica vediamo un triangolo amoroso nell’ambito del tennis professionistico. Il tennis diventa metafora del gioco amoroso fra i tre protagonisti e specchio delle dinamiche del desiderio umano. La rappresentazione dei corpi in azione viene resa a livello cinematografico in un modo che enfatizza la fisicità dei corpi e la tensione che essi emanano. Guadagnino qui adotta scelte registiche innovative, come il campo da tennis “trasparente” ripreso da sotto e la soggettiva della pallina: il movimento di macchina trasforma il movimento sportivo in performance visiva.
Queer (2024)
Il 17 aprile 2025 è uscito nelle sale "Queer", presentato a Venezia a settembre del 2024. Adattamento dell’omonimo romanzo di William S. Borroughs, il film segue la storia di William Lee, tra la sua dipendenza da droghe e il desiderio ossessivo nei confronti di Eugene. Ancora una volta il corpo è al centro della narrazione cinematografica: il corpo tormentato dalla tossicodipendenza e del desiderio sessuale, il corpo solo che cerca intimità e attraverso l’amore riesce forse a scoprire se stesso. Guadagnino torna a guardare, con lo stesso sguardo nostalgico di Chiamami col tuo nome, al tema dell’identità: un’identità che può essere riconosciuta solo interfacciandosi con l’altro.
A cura di Luca Bortone