Asteroid City: il ritorno di Wes Anderson tra western e fantascienza
10/07/2023
Due anni fa, Wes Anderson ci aveva lasciati nella redazione di una rivista statunitense con sede a Parigi, sfondo su cui si dipanano gli episodi che compongono The French Dispatch (2021). Tante piccole storie, con una miriade di personaggi (a cui corrispondono gli attori di un cast mastodontico) avevano costruito il complicato mosaico narrativo del suo penultimo film. Quest’anno ritorna a settembre nelle sale con il suo attesissimo Asteroid City, presentato in concorso al Festival di Cannes 2023.
Il titolo corrisponde al nome dell’immaginaria città che, nel bel mezzo del deserto del Nevada, ha subito l’impatto con un asteroide da cui si è originata un’enorme voragine, diventando un sito molto frequentato dagli appassionati di fantascienza. Nel 1955, la convention di astronomia “Junior Stargazer”, dedicata ai bambini aspiranti scienziati, viene sconvolta dall’improvvisa caduta di una creatura aliena, che comporterà l’immediato intervento del governo per mettere in sicurezza la zona. Tutti i presenti sono messi in quarantena, costretti così ad una coabitazione forzata, durante la quale i diversi personaggi intesseranno fra di loro dei legami, avvicinandosi l’un l’altro.
Anderson giunge ad un punto cruciale della sua carriera e il film diventa esso stesso una riflessione dello stile che ha più contraddistinto il suo cinema, fatto di inquadrature simmetriche, colori pastello: un mondo, quello in cui si muovono i personaggi, che viene plasmato dalla mano del regista come fosse plastilina nelle sue mani.
A partire dal suo esordio, il film Un colpo da dilettanti (1996), Anderson giungerà al successo con la storia familiare grottesca raccontata ne I Tenenbaum (2001) che lo farà conoscere al grande pubblico. Ancora l’impianto narrativo risulta essere lineare, nonostante vi sia già la presenza di alcune scelte estetiche più ardite. Il regista compirà un’evoluzione verso una ricerca stilistica ancora più originale e ambiziosa, tanto da rendere la sua impronta autoriale cinematografica inconfondibile.
Spesso i personaggi vengono seguiti in spazi che sembrano subire un processo di miniaturizzazione come accadeva ne Il treno per il Darjeeling e Grand Budapest Hotel. La sua regia, solitamente piena e satura ora gioca molto sul senso di vuoto, costantemente richiamato dall’immagine dell’immenso cratere sul cui bordo le persone si affacciano incuriosite, diventano la grande metafora del racconto. Il tutto all’interno di un'ambientazione desertica western in stile cartoon (molto cara al regista, autore di due film di animazione in stop motion come Fantastic Mr. Fox e L’isola dei cani), mescolato al senso di mistery fantascientifico che diventa l’espediente narrativo per raccontare l’umano attraverso ciò che è alieno.
Il vuoto potrebbe riferirsi ad una sorta di “ripiegamento” del regista su se stesso, raggiungendo il culmine di uno stile esteticamente maturo, in cui i personaggi sono le marionette che si muovono su questo mondo posticcio, studiato in maniera geometricamente perfetta. Eppure, tutto questo potrebbe risultare a tratti ridondante, con un'attenzione eccessiva nei confronti dello stile prima ancora che per la definizione psicologica dei personaggi, subordinati al gioco visivo del regista.
Il film è sicuramente attesissimo, dopo l’accoglienza positiva a Cannes e di certo non deluderà il pubblico affezionato allo stile di Anderson, presentando un film con un cast straordinario che include attori feticcio come Jason Schwartzman e Adrien Brody e tanti altri come Bryan Cranston, Scarlett Johansson, Steve Carell e soprattutto Tom Hanks.
A cura di Elena Musolino
A cura di Elena Musolino