Il 9 giugno 1870 il mondo letterario piangeva la scomparsa di uno dei più grandi autori inglesi del XX secolo: Charles Dickens. Scrittore particolarmente amato e celebrato, Dickens ha lasciato in eredità ai posteri un carosello di personaggi impossibili da dimenticare. Pur essendo molto distante dalla profonda caratterizzazione psicologia che gli scrittori russi erano maestri a infondere nei loro protagonisti, l’universo di caratteri e personalità che fuoriesce dalle pagine dello scrittore inglese resta indelebilmente impresso nell’immaginario di ogni lettore. È proprio questo uno dei segreti in grado di spiegare il longevo successo di Dickens: l’innata capacità con cui riusciva ad amalgamare un forte orientamento verso la critica sociale (temi che, a 150 anni dalla scomparsa del romanziere, non hanno mai perso di attualità) a un andamento stilistico in grado di richiamare i toni della fiaba.

La settima arte, inevitabilmente, non poté esimersi dal portare sul grande schermo storie e personaggi partoriti dalla penna dello scrittore britannico. Molti di questi adattamenti purtroppo non ebbero la solita fortuna degli omonimi testi di partenza: per qualche insondabile ragione, la magia, che così fluentemente fluiva dall’inchiostro della penna, restava poi imprigionata nelle pagine del libro: talmente potente nel suo immaginario etereo e al contempo così evanescente al momento di donare concretezza a queste immagini. Ovviamente vanno fatte le dovute eccezioni: in particolare Oliver Twist (2005) di Roman Polanski; A Christmas Carol (2009) di Robert Zemeckis; Grandi Speranze (1946) e Le avventure di Oliver Twist (1948) di David Lean, restano delle notevoli (e in alcuni casi anche eccellenti) trasposizioni.

Se però vogliamo respirare la vera essenza dei racconti dickensiani, a oggi, forse il punto di riferimento resta il cortometraggio d’animazione firmato Walt Disney: Canto di Natale di Topolino (1983). Vero e proprio gioiello che va a incasellarsi nei nostri più dolci ricordi d’infanzia. A distanza di così tanti anni possiamo affermare che il tocco magico dell’opera non ha perso di smalto, tutt’altro. È sempre più facile perdersi nei frenetici e stressanti ritmi del quotidiano, ma a ogni Natale, proprio come Ebenezer Scrooge, intraprendiamo questo viaggio in compagnia del nostro personale Spirito del Natale Passato. La pellicola animata restituisce a pieno il segreto della scrittura di Dickens: un affascinante mosaico di colori, luci, odori e immagini.
Il romanziere britannico eccelleva nel restituirci percezioni e sensazioni che vivono nello spettro dei cinque sensi. In particolar modo l’olfatto, comunamente identificato come il senso del ricordo, viene spesso posto al centro dell’attenzione narrativa, proprio per sfruttare al meglio la sua potente funzione evocativa. E così anche noi spettatori non possiamo restare indifferenti alle prelibatezze che accompagnano l’apparizione dello Spirito del Natale Presente e che evocano nella nostra memoria il lieto sapore dei pranzi natalizi. A volerci lanciare in un azzardato (o forse no) parallelismo, il modo in cui Dickens usava il cibo (nel suo caso facendo leva proprio sui profumi), richiama molto un vezzo di un regista contemporaneo che, attraverso l’uso di dettagli di cibi o bevande, ed enfatizzandone i suoni, gioca con l’immersività dello spettatore: avete indovinato, stiamo parlando di Quentin Tarantino.

Simone Manciulli