Tra i cineasti più versatili e prolifici del nuovo millennio, François Ozon ha saputo spaziare tra i più disparati generi (dalla commedia al dramma e al thriller, passando perfino per il musical) per descrivere fragilità e contraddizioni dell’animo umano, sospeso tra la costante ricerca di se stessi e un bisogno d’amore tanto travolgente quanto ineludibile.
Nella poetica dell’autore parigino è possibile riscontrare una costante fedeltà agli stilemi del melodramma, spesso e volentieri declinati in maniera spiazzante e sorprendente, portando particolare attenzione alle pulsioni dell’eros (con un occhio di riguardo per l’universo queer) e descrivendo con ironia e affetto figure umane che lottano contro il loro senso di inadeguatezza nei confronti di un mondo che non capiscono e da cui non si sentono compresi.
In occasione della sua partecipazione alla 15ª edizione della Festa del Cinema di Roma, che si terrà dal 15 al 25 ottobre, con il film ÉTÉ 85, la redazione di LongTake dedica al regista francese la propria classifica settimanale.
Ecco, dunque, i cinque migliori film di François Ozon:
5) Nella casa (2012)

Liberamente ispirato alla commedia teatrale spagnola El chico de la ultima fila di Juan Mayorga, il film gioca con cervellotica perizia sulla confusione tra mondo reale e mondo immaginato, mettendo in scena l’ossessione dello scrittore (e, per estensione, del regista) di manipolare la realtà attraverso la finzione. I desideri emotivi, fisici e sessuali, che presto perdono ogni piacere dopo essere stati assecondati, non possono mai essere pienamente soddisfatti e, quindi, andrebbero limitati, se si vuole vivere sereni. Accattivante, ma troppo calcolato nel cercare di incastrare tutti i tasselli del puzzle. Bravi Ernst Umhauer, angelo biondo dalla pelle diafana e lo sguardo luciferino, ed Emmanuelle Seigner, dolce e materna, eccellente Fabrice Luchini.
4) Gocce d’acqua su pietre roventi (2000)

Sesso e manipolazione sono gli elementi centrali di uno dei film più controversi di François Ozon, ispirato alla pièce – mai messa in scena – Tropfen auf heisse Steine, scritta da un diciannovenne Rainer Werner Fassbinder. Assecondato da un solido quartetto d’attori, da una sceneggiatura ben sviluppata e da un impianto di evidente derivazione teatrale, il film soffre a causa di una regia altalenante e non sempre all’altezza della situazione e dei messaggi che intende veicolare. Ozon a tratti si smarrisce, non fa respirare del tutto i suoi personaggi e ricerca una trasgressione che forse non ha bisogno di esplodere. Memorabile la prova di Bernard Giraudeau che grazie al personaggio di Léopold, ridefinisce cinematograficamente il concetto di crudeltà, amore e dipendenza.
3) Giovane e bella (2013)

Scandendo la narrazione in quattro tempi secondo il naturale susseguirsi delle stagioni, François Ozon mette in scena un frammento irripetibile della vita di una adolescente francese con una leggerezza di tocco che non impedisce una profonda analisi della psicologia del personaggio. Intrappolata in un’età inquieta in cui l’amore è percepito come un sentimento mutevole e sfuggente, l’insofferente Isabelle diventa Lea offrendo il suo corpo puro e innocente a uomini maturi che non conosce, forse per noia, forse per sentirsi amata, forse come conseguenza dell’abbandono paterno. Marine Vacth, presenza magnetica di sconvolgente bellezza interpreta uno dei ritratti femminili più autentici della prima parte degli anni Dieci del Nuovo millennio.
2) Sotto la sabbia (2000)

Prima opera della “trilogia del lutto” concepita dal cineasta parigino, insieme a Il tempo che resta del 2005 e Il rifugio del 2009, Sotto la sabbia rappresenta uno dei momenti più riusciti, strutturati e intensi dell’intera filmografia del suo autore. Ozon diluisce in maniera intelligente e mai prosaica un’atmosfera di solitudine, abbandono e morte che trova compimento in una narrazione integra, complessa e non ingenua di uno spietato racconto sentimentale. Un film all’apparenza altero, in realtà volubile, doloroso e asservito al dramma del personaggio interpretato da una splendida Charlotte Rampling, spesso assoldata da Ozon in ruoli sofferti, enigmatici e astrattamente sospesi. Grande fascino e diverse sequenze da ricordare, quelle ambientate in spiaggia in primis.
1) Le temps qui reste (2005)

Il momento più elevato della trilogia del lutto concepita da François Ozon: l’atmosfera di morte ricalca dinamiche fassbinderiane e si serve del classico immaginario queer ormai indispensabile per cifrare il suo cinema. Non a caso il protagonista, omosessuale, è un fotografo di moda di eterea e raffinata bellezza, ruvidamente interpretato da Melvil Poupaud. I topoi della filmografia di Ozon si intrecciano a un confronto diretto con la morte, che si riversa nelle considerazioni – trattenute, alterate e implose – del personaggio nei confronti del paesaggio che lo circonda e degli altri esseri umani con cui entra in contatto. Ozon si copia e al contempo si reinventa, per un film che di dolore si compiace, di dolore si (auto)fotografa e di dolore muore. E il finale, splendido, non può lasciare indifferenti.