Condizioni critiche: a Roma un convegno sullo stato delle cose
31/10/2017

La Festa del cinema di Roma si qualifica ormai da qualche anno per il fatto di dedicare sempre tempo e spazio per incontri informativi e di accrescimento culturale.
Questo è il caso di del convegno di Condizioni critiche, che Mario Sesti ha voluto replicare, dopo il successo dello scorso anno, con l’obiettivo di far diventare questo incontro un appuntamento fisso per gli anni a venire.
Questa seconda edizione, come la precedente, ha visto la partecipazione di due importanti ospiti internazionali: Annette Insdorf, docente di cinema alla Columbia University e autrice di diversi libri (Francois Truffaut, Indelible Shadows: Film and Holocaust, e Double Lives, Second Chances: The Cinema of Krzysztof Kieslowski) e Anthony O. Scott (già presente lo scorso anno), critico cinematografico del New York Times.
Entrambi erano presenti con il proprio libro: Annette Insdorf con Cinematic Ouvertures, un’analisi accurata sulle sequenze di apertura, un discorso su come esse siano in grado di raccontare il film ad un pubblico alla stessa maniera di come una persona già si racconta nel momento in cui si presenta; Anthony O. Scott con Elogio della critica, un’analisi del cinema in maniera inedita, ricorrendo alla prospettiva del sapere e ad un orizzonte storico dettagliato e ramificato di tipo accademico (ad esempio, la prima persona ad inventare una politica degli autori è stato il Vasari parlando di Michelangelo).
Le parole d’ordine del convegno? Conversazione, dialogo e scambio.
L’intento è stato quello di tracciare un percorso lineare che potesse collegare i libri dei due ospiti/autori, capire come nel mondo del sapere della cultura cinematografica interagiscono la ricerca scientifica accademica, il modello epistemologico cui riferirsi e la critica militante, il lavoro di chi deve affrontare le uscite al cinema, giudicarle, raccontarle, e mediare con il pubblico che reagisce con il film in sala.

Ma come va affrontata la critica? Ci sono convenzioni specifiche da mantenere o l’espansione tecnologica può servire per proporre un nuovo di tipo di critica, che consenta un maggior approfondimento ed una facilitazione analitica? O tutte queste innovazioni non fanno altro che distogliere l’attenzione dalla parola in sé, dato che la componente visiva tende sempre a prevalere?
Grazie a queste riflessioni e a diversi esempio di video saggi, si è cercato di riflettere su queste e altre domande, giungendo alla conclusione che forse, anzi, quasi sicuramente, siamo ancora agli inizi di un’era di vera rivoluzione tecnologica della critica su cui riflettere a pieno e su cui soprattutto avere risposte.
Tra chi si sente criticamente un dinosauro (per la semplice preferenza del materiale scritto) e tra chi utilizza le nuove tecnologia, come il video saggio, per poter raccontare film per il quale le parole risulterebbero insufficienti, insomma, tra limiti e potenzialità di una maniera e dell’altra, uno scontro/incontro tra questi due linguaggi, ad oggi è difficile trovare delle risposte fondate, delle teorie profondamente valide per l’una o l’altra fazione , perché i tempi non sono ancora maturi.

Quello che è emerso da ben due ore di riflessioni tra il pubblico e gli ospiti, è che sostanzialmente ciò che deve esistere tra un critico ed un pubblico è la fiducia. La materia trattata da un critico non si basa su fatti empirici, ma sul trasformare un qualcosa dell’esperienza del critico (una matassa confusa e magari anche incoerente) in una forma di comunicazione di cui ci si possa fidare. Non è necessario che i lettori concordino con quanto scritto (o visto), ma che si fidino.
Riassumendo la riflessione di Anthony O. Scott, la critica cinematografica è ancora un po’ congelata.
È sensibile a nuove forme espressive, ma tende a rifugiarsi sempre negli standard (a cui si è aggiunto l’isterismo legato ai possibili e temutissimi spoiler). Diventa, quindi, fondamentale avere un’altra visione che sia più sperimentale, pensare ad un dialogo reale e non solo immaginato.

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