Riceviamo e con piacere condividiamo l'analisi di Martina Cossia Castiglioni su Cuore selvaggio di David Lynch.
Nel 1990, lo stesso anno in cui Twin Peaks cambia per sempre la storia delle serie televisive, David Lynch realizza anche Cuore selvaggio (Wild at Heart), che vince la Palma d’Oro come Miglior Film a Cannes.
Rispetto a pellicole che arriveranno in seguito come Mulholland Drive e Strade perdute, più complesse e stratificate, il film ha una trama abbastanza lineare, che sembrerebbe quella di un road movie. Se non fosse che Cuore selvaggio mescola, in realtà, diversi generi cinematografici: la commedia sentimentale, il noir, il thriller, il fantasy, persino il caper movie (storie di rapine, furti e truffe) in versione pulp. E appunto il cinema on the road, con i due protagonisti Lula e Sailor in viaggio verso la California – passando per la Louisiana e il Texas – inseguiti da un investigatore privato ingaggiato dalla madre di lei, Marietta.
Anche nella colonna sonora si intrecciano vari generi, dallo swing al jazz, dal rock and roll all’hard rock, e a volte la musica da diegetica diventa extra diegetica per sottolineare la drammaticità di una situazione. Come quando, per difendere la propria vita, Sailor uccide brutalmente il suo assalitore e si passa da una musica dolce al metal di Slaughterhouse dei Powerman.
Mesi dopo Sailor (Nicholas Cage), in libertà vigilata, e Lula (Laura Dern) partono. Cercano la strada di mattoni gialli, come dice a un certo punto Lula. Quella che porta alla Città di Smeraldi, dove vive il Mago di Oz. Sono molti i riferimenti e le citazioni alla pellicola di Victor Fleming del 1939, che Lynch amava molto. C’è la malvagia strega dell’Ovest incarnata da Marietta (Diane Ladd, madre di Laura Dern anche nella realtà), che insegue i due innamorati a cavallo di una scopa; ma c’è anche Glinda, la strega buona del Nord (Sheryl Lee, Laura Palmer di Twin Peaks). Quando il disgustoso Bobby Peru (William Defoe) lascia la stanza del motel dopo aver spaventato Lula, la ragazza batte a terra tre volte i tacchi delle sue scarpe rosse sperando che la portino altrove, come quelle magiche del Mago di Oz.
Lula si porta dentro una ferita: un abuso subito da ragazzina e l’aver visto bruciare vivo il padre (Il fuoco è un altro elemento tipicamente lynchano, e qui le fiamme di un incendio compaiono sin dai titoli di testa). Lei e Sailor, in fondo, cercano solo di fuggire dalla violenza che li circonda. Una violenza che a volte esplode anche in lui, ma solo quando deve difendere sé stesso e proteggere la sua compagna. Sailor in realtà è un animo puro, così come Lula. Lui la ama con passione ma anche con tenerezza, lei lo aspetta sempre, non lo dimentica mai. Perché Cuore selvaggio è soprattutto una storia d’amore. Impossibile non affezionarsi ai due personaggi, difficile non desiderare per loro un lieto fine. Che al termine della pellicola arriva. E non importa se tutto è così (volutamente!) kitsch, dall’apparizione di Glinda a Sailor che, al limite del ridicolo, finalmente canta Love me tender alla sua Lula. Loro sono felici, e lo spettatore con loro.
Martina Cossia Castiglioni